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A cena sul trabocco, breve guida

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Trabocco

A cena sul trabocco
I trabocchi, quei “ragni colossali” celebrati da D’Annunzio e disseminati tra Vasto e Ortona, un tempo usati per la piccola pesca e oggi riconvertiti a ristoranti, hanno riaperto i battenti con la bella stagione.
Mangiare sospesi sul mare, magari a cena, è un’esperienza unica e suggestiva se decidete di visitare questo incredibile lembo di terra bagnato dall’Adriatico.
Il momento del tramonto forse è il migliore, i colori si fanno più caldi, e quando cala la sera ci sono solo le luci di questa “passerella di assi flessibili” a far brillare, insieme alle stelle, la notte.

Secondo diverse fonti, i primi trabocchi sarebbero stati realizzati intorno alla fine del ‘600 da ebrei sefarditi in fuga dalla penisola iberica, mentre un’altra versione meno accreditata suggerirebbe che le “grandi macchine pescatorie” fossero presenti in questo tratto di costa sin dall’antichità, tanto che un’opera religiosa sulla vita di Pietro da Morrone, narra che il futuro Papa Celestino V, che a lungo abitò gli eremi della Maiella, prima di essere eletto al soglio pontificio visitò l’Abbazia di San Giovanni in Venere e affacciandosi dal vicino belvedere, avrebbe descritto il panorama circostante e quindi il mare “punteggiato di trabocchi”.

Trabocchi
Se non abbiamo alcuna certezza riguardo l’origine storica dei trabocchi, sappiamo sicuramente che a costruirli non furono i pescatori, bensì agricoltori che non conoscevano bene il mare e praticavano soprattutto la piccola pesca, considerata attività integrativa a quella agricola, tanto che i trabocchi erano attivi solo in alcuni periodi dell’anno.
L’integrazione e l’incontro tra queste due distinte attività, pesca e agricoltura, ha dato vita nel tempo a un felice e interessante connubio enogastronomico che ha caratterizzato ampiamente la cucina costiera, contraddistinta da piatti di pesce preparati con legumi e ortaggi locali [una precisazione, il “brodetto di pesce”, declinato sul litorale abruzzese in tante versioni, non nasce sul trabocco, bensì sulle paranze ovvero a bordo delle imbarcazioni dei pescatori].
L’impoverimento della fertilità del mare, la trasformazione dei fondali marini e le mutate condizioni economiche hanno portato all’inesorabile abbandono di queste suggestive macchine da pesca, spesso lasciate in balia della furia del mare e prive di qualsiasi tipo di manutenzione. Poi alcuni anni fa il recupero e la riconversione ad attrattiva turistica e “risto-trabocco”: un ristorante sospeso sul mare che propone piatti legati alla tradizione marinara, frutto del pescato locale.

Ma vediamo quali sono i trabocchi che hanno un servizio di ristorazione “a bordo” lungo il tratto di costa che va da Ortona a Torino di Sangro.

Pesce Palombo

Pesce Palombo
Trabocco Pesce Palombo

Pesce Palombo risalirebbe all’inizio del secolo scorso, una foto storica ne documenta l’esistenza già nel 1923. Dapprima di proprietà di Orlando Verì, viene successivamente ereditato dal figlio Ernesto che lo mantiene attivo fino al 1979, quando a causa di una forte mareggiata viene distrutto.
Il trabocco viene ricostruito vent’anni più tardi dai figli Franco e Bruno Verì, e riconvertito a risto-trabocco, uno dei primi ristoranti sospesi sul mare dove poter gustare i piatti del pescato quotidiano. Tra i must la parmigiana al pesce palombo.
Aperto a pranzo e cena, è consigliata la prenotazione.
Trabocco Pesce Palombo
S.S. 16 Adriatica, Fossacesia (Ch)
Tel. 3333055300

Punta Rocciosa

Punta Rocciosa

Trabocco Punta Rocciosa
Siamo sempre a Fossacesia, nello splendido scenario del golfo di venere che accoglie dal 1910 il trabocco Punta Rocciosa, ristrutturato e adibito a ristorante alcuni anni fa.
Il proprietario è Carlo Romanelli, mentre ai fornelli c’è la signora Tiziana che affianca alla cucina della tradizione marinara piacevoli rivisitazioni e propone tra i tanti, carpacci, insalate di mare, zuppe e guazzetti.
Aperto a pranzo e cena solo su prenotazione, il menù è fisso, con variazioni dovute al pescato.
Trabocco Punta Rocciosa
S.S. 16 Adriatica, Fossacesia (Ch)
Tel. 3392174435
Punta Cavalluccio

Punta Cavalluccio
Trabocco Punta Cavalluccio
Questo storico trabocco di Rocca San Giovanni appartiene alla famiglia Verì di “Tumasse di Scirocche” da oltre un secolo. Ancora oggi il figlio Orlandino Verì e la famiglia mantengono alta la tradizione dei traboccanti, e dal 2004 anche quella legata alla cucina di mare, con piatti tipici del posto come insalate di polpo, sagnette con pelosi, alici e calamari fritti, impepata di cozze e cozze ripiene.
Il menù è fisso, in base al pescato del giorno, ed è consigliata la prenotazione.
Trabocco Punta Cavalluccio
S.S. 16 Adriatica a 800 metri dal bivio la Foce, Rocca San Giovanni (Ch)
Tel. 338 598 0985

Sasso della Cajana
Sasso della Cajana
Trabocco Sasso della Cajana
Sasso della Cajana prende il nome da uno scoglio nelle vicinanze, che dà riposo ai gabbiani (“cajane” in dialetto locale). Il trabocco è aperto a chiunque voglia visitarlo, provare il brivido di attraversare la lunga passerella che allontana la struttura dalla costa per oltre 80 metri e rivivere con gesti naturali le antiche tecniche di pesca. Il trabocco, storicamente di proprietà della famiglia Verì, è da diversi anni anche un accogliente ristorante. Tra i piatti spiccano i maltagliati con pelosi (i granchi di scoglio), le cozze ripiene e la classica frittura di paranza.
Consigliata la prenotazione.
Trabocco Sasso della Cajana
S.S. 16 Adriatica, Contrada Vallevò, Rocca San Giovanni (Ch)
Tel. 3479135043

Punta Isolata

Punta Isolata
Trabocco Punta Isolata

Punta Isolata nasce da un desiderio di Mauro D’Antonio, che dopo anni di esperienza nella costruzione e ristrutturazione dei trabocchi abruzzesi realizza il sogno di un trabocco tutto suo, che prende forma con l’aiuto del figlio Enrico. Mauro fa del suo trabocco un luogo ancorato alla cultura gastronomica marinara, offrendo un ambiente accogliente e suggestivo dove poter gustare piatti come sagnette di pesce e legumi e il brodetto di pesce.
Aperti a pranzo e cena, consigliata la prenotazione.
Trabocco Punta Isolata
S.S. 16 Adriatica, Contrada Vallevò, Rocca San Giovanni (Ch)
Tel. 3395811338

Punta Tufano

Punta Tufano
Trabocco Punta Tufano

Punta Tufano era, e resta, uno dei ‘pilastri’ della storica famiglia di traboccanti Verì che amavano dire di sé: “Siamo venuti dalla Francia naufraghi di un “vascello” spiaggiato da una mareggiata sulle scogliere di questo tratto di mare Adriatico”. Con loro nasce e si consolida una struttura atta a pescare: il trabocco.
Punta Tufano fu probabilmente edificato per la prima volta nel 1777 e l’ultima ricostruzione, che risale al 2006, si deve a Rinaldo Verì, l’attuale proprietario, che ne ha fatto un “luogo didattico” e informativo, oltre che ristorante a cielo aperto dove poter apprezzare la cucina locale declinata in piatti semplici ma autentici come l’insalata di polpo e la tradizionale frittura di paranza.
Aperto a pranzo e cena su prenotazione.
Trabocco Punta Tufano
S.S. 16 Adriatica, Contrada Vallevò, Rocca San Giovanni (Ch)
Tel. 3334436831

Punta Punciosa

Punta Punciosa
Trabocco Punta Punciosa

Sempre a Rocca San Giovanni, altro trabocco sul quale è possibile cenare è quello di Punta Punciosa, risto-trabocco di Giovanni Finoro che propone in uno scenario davvero unico, una cucina frutto del pescato locale e piacevolmente ancorata alla tradizione marinara del posto.
Tra i piatti spiccano i carpacci, l’insalata di polpo e le polpette di melanzane e scampi.
Aperto a pranzo e cena, consigliata la prenotazione.
Trabocco Punta Punciosa
S.S. 16 Adriatica, Rocca San Giovanni (Ch)
Tel. 3488013849 – 3669379376

Valle Grotte

trabocco valle grotte
Trabocco Valle Grotte
La storia del Trabocco Valle Grotte parte dalla voglia di Peppe, l’attuale proprietario, di riprendere l’essenza e il vissuto del pescare di una volta.
Così con l’aiuto della sua famiglia si è dedicato alla rinascita di questo vecchio trabocco che è stato ristrutturato e riconvertito a ristorante, un balcone sospeso sul mare dove poter degustare specialità come le polpettine di cefalo, le cozze ripiene e la frittura di paranza dell’Adriatico.
Il menù è fisso, può subire variazioni in base al pescato del giorno. E’ consigliata la prenotazione.
Trabocco Valle Grotte
S.S. 16 Adriatica Km 482.5, Località Fosso Canale, San Vito Chietino (Ch)
Tel. 3485479587 – 3381866074

Punta Fornace

Punta Fornace
Trabocco Punta Fornace
Siamo a nord della spiaggia libera Rocco Mancini, a San Vito Marina. Il Trabocco Punta Fornace deve il nome all’antica fornace di mattoni, oggi non più attiva, un tempo presente nel gruppo di case alle sue spalle. Il proprietario, Antonio Verì, lo ha rimesso in piedi dopo che una mareggiata lo aveva danneggiato e ne ha fatto un accogliente ristorante dove poter assaggiare il gusto schietto e genuino della cucina locale.
Da provare le seppie ripiene, polpette di pesce, guazzetti e frittura di paranza.
Aperto a pranzo e cena, il menù è fisso. E’ consigliata la prenotazione.
Trabocco Punta Fornace
Via Cristoforo Colombo, San Vito Chietino (Ch)
Tel. 3453064920

San Giacomo

San Giacomo
Trabocco San Giacomo
Sempre a San Vito Marina, ma nell’area del molo, il più recente dei risto – trabocchi della zona, il San Giacomo, nato dal recupero di un antico trabocco. La traboccante Vilma Mancini ha creduto in questo bel progetto e dichiara: “Con una determinazione pazzesca e tanta passione, abbiamo rincorso il sogno di diventare esperti traboccanti. Abbiamo tagliato alberi nei boschi per poi assemblarli uno ad uno, al fine di ridare la vita a quello che successivamente abbiamo battezzato come trabocco San Giacomo. Infine, abbiamo cercato di mettere a frutto il nostro sapere gastronomico, attingendo a prodotti semplici e genuini ricavati dalla terra e dal mare”.
Quotato “l’aperifish”, mentre tra i piatti, da provare i ravioli ai frutti di mare.
Consigliata la prenotazione.
Trabocco San Giacomo
Via lungomare di Gualdo (punta molo), San Vito Chietino (Ch)
Tel. 3277791741

[Crediti | Immagini: Filippo Scioletti (Pesce Palombo), Punta Rocciosa, Valerio Politi (Punta Cavalluccio), Punta Cavalluccio, Denio Di Nardo (Sasso della Cajana e Valle Grotte), Claudio Passacantando (Sasso della Cajana), Remo Di Nardo (Punta Isolata), Trabocco Punta Isolata, Punta Tufano, Punta Punciosa, Valle Grotte, Lorenzo Costumato (Punta Fornace), Michele Di Lullo (Punta Fornace), Marino Testa (San Giacomo), Trabocco San Giacomo, Carmelita Cianci (Costa dei Trabocchi e Punta Tufano)]

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L’estate in Abruzzo, scopri il Sangro Aventino

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San Vito Marina

Estate in Abruzzo

Se siete in cerca d’ispirazione per le vacanze, ecco cosa fa al caso vostro, una piccola guida per scoprire l’Abruzzo e in particolare il Sangro Aventino: un territorio incastrato tra mare e montagna, che dalla Maiella si apre e si estende sull’Adriatico attraverso “una passerella di assi flessibili” chiamata trabocco.

Trekking

Outdoor dai trabocchi alla Maiella
In bici o a piedi godetevi la costa dei trabocchi percorrendo il vecchio tracciato ferroviario ormai dismesso: da San Vito Chietino a Fossacesia ci sono circa 7 km da esplorare in uno spaccato paesaggistico unico. Nelle immediate vicinanze, l’Abbazia di San Giovanni in Venere la Lecceta di Torino di Sangro, con un interessante percorso all’interno della Riserva, e il Cimitero Inglese dedicato ai caduti della seconda guerra mondiale.
Salendo di quota, seguendo i “percorsi dello spirito”, quelli legati a Celestino V, un tracciato perfetto per il trekking è quello che si dirama nel cuore del Parco Nazionale della Majella, nel territorio di Palena, e che giunge all’Eremo della Madonna dell’Altare, uno dei luoghi di culto legati al Papa del gran rifiuto. Un altro itinerario è quello del Vallone di Santo Spirito a Fara San Martino che dalle Gole sale verso il Monte Amaro, la vetta più alta della Maiella.
Poco distante da Fara San Martino, in Contrada Forconi, siamo a Civitella Messer Raimondo, potrete sfidare le rapide del fiume Aventino con un’escursione in gommone o in kayak.

Castello di Roccascalegna

Il Castello di Roccascalegna
Proteso su una roccia in posizione dominante sul borgo, il Castello di Roccascalegna è da sempre teatro di grande suggestione, tanto da essere stato scelto da Matteo Garrone per girare alcune scene de “Il racconto dei racconti” (Tale of tales), film in concorso al Festival di Cannes nel 2015.
Il Castello, che risale all’XI–XII secolo, è il risultato della riconversione di un’antica torre longobarda ed è storicamente legato a una leggenda, quella dello Jus Primae Noctis: tradizione medievale ripristinata nel 1646 dal Barone Corvo De Corvis, secondo la quale ogni novella sposa del Feudo era costretta a passare la prima notte da “maritata” col “signorotto” locale.
Trabocchi

Il mare della costa dei trabocchi
Seguendo il vecchio tracciato ferroviario, nel tratto di costa tra Torino di Sangro e Ortona, si attraversano paesaggi incontaminati lambiti da un’acqua limpida e cristallina, un susseguirsi di spiagge ciottolose, sabbiose, calette nascoste, baie, scogliere e promontori a picco sul mare, in una sequenza panoramica punteggiata dalle imponenti sagome dei trabocchi.
Per scegliere la spiaggia che vi è più congeniale, date un’occhiata alla nostra guida alle spiagge della costa dei trabocchi.

Grotta del cavallone
La Grotta del Cavallone
Nello splendido scenario della Maiella orientale, siamo nelle vicinanze del caratteristico borgo di Taranta Peligna (rinomato per le coperte) e poco distanti dal Parco “Le Acquevive”, è imperdibile  una visita alla grotta naturale più alta d’Europa aperta al pubblico, ovvero la Grotta del Cavallone, conosciuta anche con l’appellativo “della figlia di Iorio” in quanto nel 1904 Francesco Paolo Michetti, per il secondo atto della tragedia pastorale “La figlia di Iorio” di Gabriele d’Annunzio, realizzò la scenografia ispirandosi all’antro d’ingresso della Grotta.

bocconotti

Tour enogastronomico 
Si comincia con l’olio extravergine d’oliva, protagonista indiscusso sia sul litorale costiero che nell’entroterra: nel casolano merita un assaggio il monovarietale di Intosso.
Sulla costa, non ci sono soltanto gli ulivi e i trabocchi, ma anche gli agrumi, che oltre a caratterizzare il paesaggio, danno vita a marmellate superlative, come quella di centrangolo (arancia selvatica).
Per dissetarsi a dovere, il vino da queste parti dà il meglio di sé con i bianchi autoctoni (come la Cococciola) e con le bollicine (diverse realtà spumantizzano sul posto).
Sul fronte salumi, andate a colpo sicuro con il salsicciotto frentano (Presidio Slow Food), mentre per i formaggi c’è la caciotta, ingrediente irrinunciabile per la preparazione del gustoso fiadone e delle polpette cacio e uova. Per il pane, riscoprite i sapori autentici di una volta, con la pizza scima, pane semplice realizzato senza lievito e cotto sotto il coppo (un grosso coperchio concavo di ferro che sfrutta il calore del camino). Poi spazio alla pasta, e non avrete che l’imbarazzo della scelta, in quanto Fara San Martino è considerata una delle capitali mondiali per la presenza di importanti pastifici che esportano in tutto il mondo, come il Pastificio Cav. Giuseppe Cocco, De Cecco e Delverde.
Molto apprezzata su tutto il territorio, anche la versione fresca, che vi stupirà con il tradizionale formato alla chitarra, il rustico rintrocilo, e le più generose sagne a pezze.
I piatti della tradizione sulla costa strizzano l’occhio al brodetto di pesce, invece inoltrandosi nell’entroterra è il baccalà che spadroneggia. Gli amanti della carne potranno gustare coniglio e agnello cotti sotto il coppo, mentre autentico must della cucina contadina è “pizz’ e foje” ovvero pizza di mais accompagnata da verdure selvatiche sbollentate e ripassate in padella, peperone dolce d’Altino e sarde fritte. Chiusura in dolcezza con i celli pieni (tarallucci di sfoglia croccante farciti con mandorle e confettura d’uva), il bocconotto di Castel Frentano (una soffice pasta frolla dal morbido ripieno di mandorle, cioccolato e cannella) e la sfogliatella di Lama dei Peligni (sfoglia farcita di confettura d’uva e di amarena, mosto cotto e noci).

orso bruno

La natura della Maiella e le Riserve Naturali
La Maiella è la Montagna Madre, custode di una natura mistica e incontaminata, pervasa da una sacralità monumentale che storicamente ha ispirato la vita eremitica. Paesaggisticamente impervia e selvaggia, è caratterizzata da un’ampia e variegata flora e la fauna vede la presenza del camoscio, del capriolo, del cervo, l’aquila reale, l’orso marsicano e il lupo. Tra i diversi centri visita presenti nel Parco Nazionale della Majella, segnaliamo il Museo Naturalistico di Fara San Martino, il Centro di visita Maurizio Locati a Lama dei Peligni e l’Area Faunistica del Camoscio, il Museo dell’Orso Marsicano di Palena e l’Area Faunistica dell’Orso.
Tra le Riserve Naturali, da non perdere le Cascate del Rio Verde a Borrello (le cascate naturali più alte d’Italia, formate da un triplice salto di 200 metri), l’Abetina di Rosello (contraddistinta dalla presenza dell’abete bianco) e la Riserva Naturale di Serranella.
Pesce Palombo

Una cena indimenticabile
Concedetevi una cena romantica sul trabocco, quella “strana macchina da pesca simile a un ragno colossale”, (consultate la nostra guida ai risto-trabocchi con tutti i trabocchi che propongono un servizio di cucina “a bordo”) oppure gustate i piatti della tradizione marinara in una delle tante osterie di mare disseminate lungo la costa, come: Al Vecchio Teatro, San Domenico, SottoSale, l’Angolino da Filippo, Trattoria Adriaticala ScialuppaEssenza Cucina di MareLa Balena, Punta Vallevò.
Gessopalena
A spasso nel borgo, tra Ortona, Lanciano e Gessopalena
Una passeggiata nella cittadina di Ortona, per visitare il Castello Aragonese, fortezza del ‘500 che si affaccia sul mare, e poi da qui percorrere la panoramica passeggiata orientale e addentrarsi tra le caratteristiche vie del centro storico.
Lasciando la costa, è immancabile una tappa a Lanciano, “città dei miracoli”, in quanto custode del Miracolo Eucaristico  più antico al mondo. Passeggiate nei quartieri antichi del centro e fate un giro anche nel percorso archeologico sotterraneo, in Piazza Plebiscito con la Cattedrale della Madonna del Ponte, poi visitate i resti della cinta muraria, le Torri Montanare, la Cattedrale di Santa Maria Maggiore e la sacra reliquia del Miracolo Eucaristico custodita nella chiesa di San Francesco.
Da Lanciano, spingendosi verso il versante orientale della Maiella, raggiungete il caratteristico borgo di Gessopalena, arroccato su uno sperone gessoso che domina la valle dell’Aventino.
Il paese è contraddistinto da case addossate le une sulle altre lungo il profilo della roccia, scavata e modellata.

Iuvanum
Archeologia che passione
Un tuffo nel passato con una visita all’antica e suggestiva Iuvanum (Montenerodomo), a 987 metri di altitudine, in località Madonna del Palazzo.  Gran parte dei resti archeologici è di età romana: strade lastricate, la grande piazza centrale (il foro), e le terme. Dell’insediamento originario, dei Sanniti-Carricini, rimane il santuario del IV secolo A.C., con due templi affiancati e il piccolo teatro con scena e gradini in pietra. A ridosso del sito, il Museo Archeologico.
Altra tappa è quella al Parco Archeologico Naturalistico del Monte Pallano (Tornareccio), importante sito archeologico di epoca italico-sabellica risalente ai secoli IV-V a.C.. Tra i diversi reperti presenti nella zona, le famose mura megalitiche costruite in età pre-romana dai Carricini, e gli interessanti resti dell’antica città romana di Pallanum. La vegetazione circostante si presenta florida ed è possibile passeggiare lungo i diversi sentieri naturalistici o allestire un picnic nella vicina area attrezzata.

John Fante Festival
Tra gusto e cultura, gli eventi dell’estate
Tanti gli appuntamenti estivi, vi segnaliamo:
Corti Antiche, 6 agosto – Atessa
Evento enogastronomico che, nel centro storico di Atessa, accoglie i visitatori tra le suggestive piazzette  e i cortili dei palazzi antichi.
John Fante Festival “Il dio di mio padre” 19, 20 e 21 agosto – Torricella Peligna
Il borgo di Torricella Peligna diventa per tre giorni capitale della cultura e della letteratura con un Festival che ogni anno è teatro esclusivo di presentazioni, conferenze, letture e concerti con ospiti internazionali. Il “Il dio di mio padre” è nato per essere, e resta, un omaggio a John Fante, scrittore italo-americano la cui famiglia era originaria di Torricella Peligna.
Mongolfiere nella Maiella Orientale, 25, 26, 27 e 28 agosto – Gessopalena
Un vivace parterre di eventi che spaziano dalla possibilità del volo libero e vincolato con le mongolfiere al festival degli aquiloni, dal paramotore alla festa di piazza. I visitatori potranno inoltre degustare i piatti tipici nei percorsi enogastronomici, partecipare alla notte bianca e passeggiare tra gli stand dei mercatini rallegrati dagli spettacoli degli artisti di strada.
Festival del peperone dolce di Altino, 26 e 27 agosto – Altino
Due giornate per celebrare il peperone dolce di Altino, prodotto che vanta una storia secolare, tipico dei comuni di Altino, Roccascalegna, Bomba, Casoli, Archi e Atessa. Di colore rosso intenso, si contraddistingue per i frutti rivolti verso l’alto, da qui il nome dialettale ”a cocce capammonte’”. La manifestazione coinvolgerà anche quest’anno ogni angolo del paese, e vedrà le sette contrade sfidarsi a suon di ricette.

Scopri il territorio con la Sangro Aventino Card, che ti garantisce l’accesso e la visita guidata ai siti del circuito con tariffa ridotta, lo sconto del 10% per la ristorazione e l’acquisto dei prodotti tipici, e tanti altri vantaggi per trascorrere il tempo libero in questo incredibile tratto d’Abruzzo.
Per maggiori informazioni, visita www.sangroaventinoturismo.it/sangroaventino-card

[Crediti | Immagini: Carmelita Cianci (copertina, trekking, trabocco del Turchino), Filippo Scioletti (cena sul trabocco),Matteo D’Alessandro (Castello di Roccascalegna),Nicola De Amicis (Grotta del Cavallone), Andrea Evangelista (Orso), Archivio Gal Maiella Verde (Iuvanum), John Fante Festival, Archivio Sangro Aventino Turismo (bocconotti)]

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Picnic di Ferragosto in Abruzzo, istruzioni per l’uso

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Picnic

Picnic
Il Ferragosto resta la giornata prediletta per il picnic, così abbiamo stilato una guida utile e pratica alla scampagnata ideale nel Sangro Aventino.

Fonte della Noce

Fonte della Noce, Lettopalena
L’area naturale di Fonte della Noce, a 1200 metri di altitudine, si trova nel cuore del bosco Pizzi, a circa sei chilometri dal borgo di Lettopalena. Si è immersi in uno scenario unico, contraddistinto da tanto verde, da una natura rigogliosa e da un’antica fontana di pietra con abbeveratoio un tempo usato per le greggi. L’area è attrezzata e organizzata per i picnic con panche, tavoli e punti barbecue; presente anche un punto ristoro. Per info 0872918471.

Nei dintorni: è possibile fare una passeggiata adatta anche ai più piccoli, un interessante percorso ad anello partendo dal Rifugio di Fonte della Noce.

Taranta Peligna - Picnic

Le Acquevive, Taranta Peligna
Siamo ai piedi del caratteristico borgo di Taranta Peligna, attraversato dai giochi d’acqua del fiume Aventino, a pochissimi chilometri dalla sua sorgente sul versante orientale della Maiella, dove l’acqua sorgiva scaturisce direttamente dalla terra dando vita ad uno spettacolo unico.
Nel parco fluviale delle “Acque Vive” sono presenti un percorso fitness e un parco giochi, oltre un’ampia e attrezzata area picnic (usufruibile attraverso un ticket) con panche, tavoli e barbecue. Per info 34974569449

Nei dintorni: la Grotta del Cavallone, la grotta naturale (visitabile) più alta d’Europa, aperta al pubblico tutti i giorni fino al 13 settembre.

picnic Madonna dell'Altare

Eremo Celestiniano Madonna dell’Altare, Palena
Incastonato sulle pendici del Monte Porrara, siamo a Palena, a circa 1300 metri d’altezza, spicca l’Eremo della Madonna dell’Altare, testimone per secoli della vita ascetica di Papa Celestino V. L’Eremo sorge su una rupe che lo rende quasi inaccessibile e domina le distese boschive sottostanti. A meno di un chilometro un’area attrezzata per il picnic, con tavoli, panche e bracieri per il barbecue. Per info 3291570446.

Nei dintorni: l’Area Faunistica Orso (loc. Colle Veduta) dove sono presenti tre esemplari di orso bruno (Caterina, Iris e Margherita) e il Museo dell’Orso Marsicano.

Picnic Fara

Sorgenti del Verde, Fara San Martino
Situate nel cuore della Maiella orientale, le sorgenti del Fiume Verde, in località San Pietro, offrono uno scenario di grande suggestione. La sorprendente abbondanza di acque, il loro elevato grado di purezza e la ricca vegetazione, ne fanno un ambiente rilassante e gradevole.
Nell’area sono presenti due spazi attrezzati per il picnic con panche, tavoli e barbecue: quello nelle immediate vicinanze delle sorgenti (a pagamento con la possibilità di riservare un tavolo) e quello nei pressi della cascate (fruibile gratuitamente). Per info 3281916852

Nei dintorni: lo splendido borgo di Fara San Martino, rinomato in tutto il mondo come capitale della pasta e i ruderi del Monastero di San Martino in Valle.

Rio Verde - area picnic

Cascate del Rio Verde, Borrello
Le cascate del Verde, affluente del fiume Sangro, si trovano al confine tra il Molise e l’Abruzzo. Si tratta delle Cascate Naturali più alte d’Italia, vengono formate da un triplice salto di 200 metri.  Attraverso il percorso “Cascate del Verde”, si raggiunge una veduta panoramica da dove è possibile ammirare le cascate, mentre seguendo il percorso “Il vecchio mulino”, si accede all’area picnic, attrezzata con tavoli, panche e postazioni barbecue. Durante l’anno è necessario prenotare i tavoli, fa eccezione il giorno di ferragosto. Nelle immediate vicinanze è presente anche un punto ristoro. Per info 3401172367.

Nei dintorni: il vicino borgo Borrello e l’Abetina di Rosello, Riserva contraddistinta dalla presenza dell’abete bianco.

Monte Pallano

Monte Pallano, Tornareccio
Il Parco Archeologico Naturalistico del Monte Pallano (Tornareccio), è un importante sito archeologico di epoca italico-sabellica risalente ai secoli IV-V. Tra i diversi reperti presenti nella zona, le famose mura megalitiche costruite in età preromana dai Carricini, e i resti dell’antica città romana di Pallanum. Nel Parco è presente un’area attrezzata per il picnic e il barbecue e presso il vicino centro visita si possono richiedere i tavoli. Per info 3341541988 – 3286683066.

Nei dintorni: una visita al borgo di Tornareccio, famoso per il miele.

LeccetaRiserva Naturale Regionale Lecceta di Torino di Sangro
La Lecceta si estende per circa 180 ettari a sud della foce del fiume Sangro. Siamo a pochi passi dal mare, in uno scenario naturale unico, popolato di sola flora e fauna. Nella Riserva ci sono due percorsi fruibili per i visitatori, a piedi e in mountain bike: il percorso natura e il percorso escursionistico. Presente anche un’area picnic attrezzata con tavoli (fruibili gratuitamente e con possibilità di prenotazione), panche e fontanelle di acqua potabile. Per il barbecue ci sono tre diverse postazioni, utilizzabili solo su prenotazione (con almeno 24 ore di anticipo) e a pagamento (5 Euro/ora). Per Ferragosto è consigliata la prenotazione. Per info 3337971892 – 3397384228.

Nei dintorni: una visita al Cimitero Inglese di Torino di Sangro, dedicato ai caduti della seconda guerra mondiale, mentre per il mare, la spiaggia Costa Verde.

Lago Casoli

Il Lago Sant’Angelo, Casoli
Il suggestivo lago, circondato da un’ampia lecceta e dominato dalla torre di Prata (la cosiddetta Torretta), è incorniciato nel caratteristico scenario del versante orientale della Maiella. Il lago, anche se di origine artificiale, costituisce un importante habitat per la flora e la fauna locale. L’area, attrezzata con panche, tavolini e punti barbecue, si presta bene anche per i picnic.
E’ necessaria la prenotazione. Per info 0872981743.

Nei dintorni: una visita al borgo di Casoli, mentre in Contrada Forconi (Civitella Messer Raimondo) c’è la possibilità di praticare rafting sul fiume Aventino.

[Crediti | Immagini: Goffredo Bucco, Carmelita Cianci, Sangro Aventino Turismo, Francesca Pi Acca, Fabiano Lucente, Google Image]

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Le Feste di Settembre a Lanciano: il Dono alla Madonna del Ponte e la Notte Bianca più antica del mondo

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Feste di settembre

 

Feste di settembre Lanciano (foto yaku78)Lanciano, la città dei miracoli, è la meta ideale per una vacanza settembrina, per un mese diviene teatro di eventi e spettacolari rievocazioni storiche con le Feste di Settembre, ricorrenza dedicata alle festività della Madonna del Ponte. L’edizione 2016 offre un assortito e interessante programma ricco di appuntamenti, a partire dal Dono, che come ogni anno, l’8 settembre prossimo (festa della natività di Maria) vedrà oltre 40 contrade sfilare per il centro cittadino e rendere omaggio attraverso i doni (simboleggiati nei prodotti della terra e della cultura contadina) alla protettrice di Lanciano, la Madonna del Ponte.

Il Dono a LancianoI contadini sfileranno lungo corso Trento e Trieste intonando canti religiosi, fino a raggiungere la piazza principale della città, Piazza Plebiscito. Alla fine della giornata, tutti i prodotti saranno messi all’asta e venduti, mentre il ricavato sarà destinato alle feste.

Feste di Settembre La festività della Madonna del Ponte entra nel vivo la notte del 13 settembre, con la tradizionale veglia, la notte bianca più antica del mondo, inaugurata nel lontano 1833.
All’epoca due sacerdoti locali si recarono a piedi in Vaticano per prelevare le corone d’oro per la Statua della Vergine e del Bambino, che si trova nella Cattedrale della Madonna del Ponte. I lancianesi, appresa la notizia del loro imminente rientro con i doni, non seppero aspettare e molti fedeli andarono a Castel Frentano, e scortarono le corone fino all’arrivo alla chiesa di Santa Chiara a Lanciano, alle due di notte. Nella sede arcivescovile vennero consegnate molte carte provenienti dal Vaticano, tra queste una lettera del Papa Gregorio XVI che autorizzava l’arcivescovo Francesco Maria De Luca a solennizzare le “Feste di Settembre”.
Feste a Lanciano Tutta la città restò sveglia fino all’alba e questa prima nottata della storia di Lanciano è stata poi “istituzionalizzata” nelle Feste di Settembre. Da allora ogni notte del 13 settembre, intorno alle 4 del mattino (del 14), Lanciano si trasforma nella capitale del divertimento: tutti si danno appuntamento in centro, contemplano i fuochi d’artificio e assistono all’accensione della paratura, quindi corrono a comprare la tradizionale pizza che si consuma per l’occasione, mentre la banda suona tra la folla.

La “nottata” segna soltanto l’inizio delle Feste, che nei tre giorni successivi animano la città con rievocazioni, concerti ed eventi.
Qui il programma dettagliato delle Feste di Settembre 2016.

 

[Crediti | Immagini: yaku78 (Flickr), Oliver Jules, Fabio Sireni, Andrea Colacioppo]

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Tour post, 48 ore in Abruzzo: Lanciano, Rocca San Giovanni e San Vito Chietino

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Ponte Diocleziano - Lanciano

Lanciano
“Tour post” è la rubrica per conoscere (in 48 ore) l’Abruzzo dalla Maiella ai trabocchi. Ogni post ha più tappe, quelle di oggi coinvolgono Lanciano, Rocca San Giovanni e San Vito Chietino.

Venerdì
15.00 – Lanciano, a passeggio nella città dei miracoli.
La città frentana, tradizionalmente legata al commercio e alle fiere, è conosciuta in tutto il mondo per il Miracolo eucaristico.
In ogni angolo si respirano arte, storia, cultura, ma anche mistero, un incanto, che solo lo sguardo più attento e curioso riesce a leggere e decifrare.

Cinta muraria di Lanciano
Passeggiate tra le vie della città toccando i punti di maggiore interesse storico – paesaggistico: Piazza Plebiscito e il maestoso Duomo della città, il Parco Diocleziano, spazio verde nel cuore di Lanciano; i resti della cinta muraria della città medievale, le “Torri Montanare”, che guardano la valle che si apre verso la Maiella. La Cattedrale di Santa Maria Maggiore, uno dei monumenti più importanti d’Abruzzo, con la magnificenza del portale trecentesco che si staglia sulla sommità di un’ampia gradinata. Impossibile poi non lasciarsi trasportare dalla magia del Miracolo Eucaristico, il più antico di cui si abbia notizia (avvenuto intorno all’VIII secolo d.C.): la Basilica di San Francesco ospita le preziose reliquie, all’interno di una struttura dalle linee gotiche e barocche, protetta dalle cinta murarie dell’antico borgo.

Basilica di Lanciano 19.00 Serata
Concedetevi un aperitivo, un calice di Montepulciano d’Abruzzo o una cena per avere un assaggio della cucina del territorio. Il ventaglio d’offerta è ampio, vi segnaliamo La taverna del Mastrogiurato (Corso Roma 9), mentre per il dopocena spostatevi alla Caffetteria Fenaroli, troverete tutto l’anno mostre fotografiche e musica dal vivo. Se siete amanti del teatro, il vicino Teatro Fenaroli fa al caso vostro.

Bocconotto di Castel Frentano
Sabato
10.00 Colazione
Cominciate la giornata con il bocconotto di Castel Frentano, dolce tipico della zona, ghiotta specialità di pasta frolla farcita da un morbido e intenso ripieno a base di cioccolato, mandorle tostate e cannella. L’indirizzo è quello della Bocconotteria (Via E. Tinari).

Polo Museale Lanciano
11.00 Polo Museale Santo Spirito, Lanciano
Tappa culturale al Polo Museale,  tra gli edifici più antichi della città, la sua fondazione risale al 1293. Originariamente era un monastero, dopo anni di restauro è stato possibile recuperare la struttura che oggi ospita il Museo Archeologico, due sale espositive, un’aula didattica e una sala convegni. Il Museo archeologico rappresenta un lungo cammino nella storia plurimillenaria di Lanciano: partendo dal V millennio a.C. fino ad arrivare al municipio di età romana, con le successive fasi di epoca bizantina e altomedievale. Il viaggio si conclude con l’esposizione dei raffinati vasi in maiolica arcaica realizzati dai vasai lancianesi in epoca medievale. Per info. 0872/700578 – 339/9792548.

Caniloro - coniglio sotto il coppo
13.00 Pranzo, un assaggio della cucina rurale frentana
A pranzo, uscite pure dalla città e godetevi l’eccellenza enogastronomica del territorio in uno dei tanti agriturismi della zona. Vi segnaliamo l’agriturismo Caniloro in Contrada S. Onofrio: tutti i piatti della tradizione realizzati con materie prime e ingredienti, rigorosamente prodotti in azienda.

Cerasuolo15.00 Rocca San Giovanni
Fate un giro a Rocca San Giovanni, uno dei borghi più belli d’Italia e alla vicina Cantina Frentana (Via Perazza, 32), qui su prenotazione potrete fare una visita e degustare Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano e Cerasuolo.
San Giovanni in Venere
17.30 San Giovanni in Venere, Fossacesia
Scendete verso la costa e raggiungete la maestosa  e suggestiva Abbazia di S. Giovanni in Venere che erta su un colle, domina la  frastagliata costa adriatica. Il primo nucleo fu realizzato dai monaci benedettini tra il VI  e VII secolo sui resti di un antico tempio pagano dedicato a Venere. La costruzione attuale si deve all’abate Oderisio II (1155-1204), sepolto nel sarcofago murato sulla facciata principale.

Pesce Palombo
20.00 A cena sul Trabocco
Godetevi il tramonto e cenate su uno dei tanti trabocchi presenti nella zona, qui una guida esaustiva.

Trabocco del Turchino
Domenica
10.30 I luoghi di Gabriele D’Annunzio, San Vito Marina
Visitate i luoghi che ispirarono Gabriele D’Annunzio, come il Promontorio Dannunziano: un angolo di paradiso, un belvedere dal panorama esclusivo, una spiaggia di ciottoli e acqua cristallina. Alle spalle l’Eremo Dannunziano, la dimora nella quale D’Annunzio trascorse un periodo della sua vita insieme a Barbara Leoni. E poi il Trabocco del Turchino, che il Vate descrive in una delle sue opere più note, “Il Trionfo della morte”: “Dall’estrema punta del promontorio destro, sopra un gruppo di scogli, si protendeva un trabocco, una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simile a un ragno colossale”.

Spaghetto vongole
13.00 Pranzo

Pranzate in un ristorante che ha fatto storia da queste parti: L’Angolino da Filippo (Via Nazionale Adriatica, 31), dal 1891 delizia palati sopraffini con specialità di pesce. Nelle immediate vicinanze Essenza Cucina di Mare (Largo Olivieri 3), bel ristorante panoramico che propone una vivace cucina di mare rivisitata con piatti che hanno il loro punto di forza nella materia prima locale e nella stagionalità.
Tra gli altri ristoranti della zona: Trattoria Adriatica, la Scialuppa, SottoSale, la Bottega Culinaria Biologica.

[Crediti | Immagini: Flickr (Lorenzo H, Tony-mezzosub, Fabrizio Magosso),  Alessandro Tortora, Filippo Scioletti, Alessia Ippoliti, SttoSale]

 

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Tornareccio Regina di Miele, non avrai altro miele all’infuori di questo

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miele

Miele

La produzione del miele in Abruzzo vanta un’antica tradizione e interessa tutto il territorio.
L’area più vocata è quella della Val di Sangro, storicamente incisiva nell’apicoltura, in particolare Tornareccio, considerata la “capitale del miele”.

Tornareccio

Il piccolo comune, da oltre 100 anni, è dedito alla produzione di diverse varietà monoflora, come l’Acacia, la Lupinella, la Sulla, ma anche il Millefiori di montagna (con gli apiari collocati a un’altitudine minima di 800 metri).

Le arnie, Tornareccio

Il “nomadismo”, cioè l’utilizzo di tecniche produttive legate allo spostamento degli apicoltori e degli sciami da un territorio all’altro alla ricerca dei raccolti migliori e in coincidenza con le epoche di fioritura, ha favorito anche varietà non prettamente autoctone del territorio, come l’eucalipto nel Lazio e gli agrumi in Calabria e Puglia.

Apicoltori

Tornareccio, ha sviluppato questa tecnica già a partire dall’inizio del ‘900, e oggi con 10 mila alveari e oltre 30 aziende operanti nel settore, produce la metà del miele abruzzese (più di 250 tonnellate di miele ogni anno, il 5% di quello nazionale).
Nel 2002, insieme ad altri nove Comuni con una consolidata tradizione apistica, è stato tra i soci fondatori dell’associazione nazionale Le Città del Miele.

Tornareccio Regina di Miele

Tornareccio Regina di Miele

Ogni anno, nei vicoletti del centro storico, si celebra il miele con Tornareccio Regina di Miele, una mostra mercato dedicata anche ad altri prodotti del territorio come le mozzarelle, i salumi, l’olio, i dolci e altre specialità locali.
Tornareccio Regina di Miele

Una vera e propria rassegna del gusto fatta di eventi, degustazioni, incontri tematici, mostre, spettacoli, itinerari, ristorazione a tema e altro ancora.
L’appuntamento è per sabato 24 e domenica 25 settembre a Tornareccio, l’autentica Regina del Miele.

[Crediti: foto di piergiorgiogreco.it, foto di copertina Serious Eats]

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(Soft)trekking d’autunno, 5 sentieri per esplorare il Sangro Aventino

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Autunno

Trekking d'autunno
L’autunno è la stagione ideale per passeggiare e apprezzare appieno una spettacolare natura che si tinge di colori più caldi, mescolati come sulla tavolozza di un pittore con tonalità che vanno dal giallo all’arancio, dal rosso al marrone, fino alle sempreverdi aghifoglie.
Così abbiamo scelto cinque percorsi per conoscere e scoprire il Sangro Aventino, cinque passeggiate “soft” al passo di tutti e a prova di famiglia, con sentieri semplici fruibili anche per i più piccoli.

cervo
Area Faunistica del Cervo, Gamberale – Pizzoferrato
Siamo a 1500 metri di quota, nel Parco Nazionale della Majella, in prossimità dei borghi di Gamberale e Pizzoferrato. Lo scenario è quello unico di Val di Terra e dei Monti Pizzi che digradano verso il fiume Sangro, con l’alternanza di vaste faggete e pascoli dai quali si levano aspri monoliti solitari che danno il nome alla zona. All’interno dell’area faunistica è possibile percorrere il sentiero natura ad anello che permette di attraversare la faggeta con semplicità, a passo lento e silenzioso, per godere dell’incanto del bosco e dei corsi d’acqua naturali, fino a raggiungere il punto perfetto per avvistare i cervi; in special modo da metà settembre a fine ottobre si possono ascoltare le vocalizzazioni, i cosiddetti bramiti, che i maschi adulti di cervo emettono nel periodo riproduttivo.
Per info: Cooperativa Tre Monti, tel. 3272593045-3409775462 – Luigia Di Sciullo, tel. 3398629165

San Martino in Valle

Dalle sorgenti del Verde al Monastero di San Martino in Valle, Fara San Martino
L’itinerario inizia dall’area parcheggio nelle immediate vicinanze delle sorgenti del fiume Verde, siamo poco distanti dal borgo di Fara San Martino. Si percorre la strada sterrata che, con alcuni tornanti, conduce alle magnifiche Gole di San Martino, “varco roccioso” tra due montagne largo poco meno di due metri.
La leggenda narra che lo stesso San Martino aprì la roccia con la sola forza dei gomiti per favorire l’accesso alla montagna. Attraversata questa spettacolare ”porta d’ingresso”, ci si ritrova in un ambiente aspro e roccioso, al cospetto dei resti del monastero benedettino di San Martino in valle, costruito su un primitivo insediamento eremitico scavato nella roccia e attestato per la prima volta nell’829 d.C. Il sentiero continua per diverse centinaia di metri lungo la vallata fino a una fontanella. Per il ritorno si percorre la stessa via dell’andata.
Per info: La Porta del Sole, tel. 0872980970 – 3392615405

Lecceta di Torino di Sangro
Lecceta di Torino di Sangro
L’itinerario inizia dal Centro Visite della Riserva e segue il tracciato delle vecchie strade forestali comunali. Attraversando l’area pic-nic in direzione sud-ovest seguendo le indicazioni “Percorso Natura” si raggiunge l’Area Faunistica della Testudo hermanni, in un ambiente dominato da fitti strati arbustivi e verdeggianti tappeti di edera. Con un po’ di fortuna si può anche avvistare la timida testuggine che abita questi luoghi.
Proseguendo sempre in direzione sud-ovest, si arriva al bivio e si continua sul “Percorso Natura”, fino al punto panoramico “Il Balcone del Sole”. Da qui si prende il primo sentiero a destra che conduce allo stagno dove è possibile distinguere il gracidare delle rane e il canto melodico degli uccelli nelle prime ore del mattino; scegliendo invece il secondo sentiero a destra si incontra il “Percorso del Cimitero Britannico” che permette di raggiungere il Cimitero Inglese. Dopo il bivio si prosegue in direzione nord-est, verso un’altra intersezione. Da questa, imboccando il sentiero in salita sulla destra si giunge al “Balcone del Sole”, dal quale contemplare uno dei più suggestivi tratti di costa. Al ritorno si scende percorrendo la strada nel senso inverso.
Per info: Cooperativa Terracoste, tel. 3281916852

grotta-sant-angelo

Anello di Grotta Sant’Angelo, Palombaro
L’eremo di Grotta Sant’Angelo si trova ai margini del piccolo borgo di Palombaro, a quasi 800 metri di quota. L’itinerario, ad anello, si snoda all’interno di una fitta faggeta, in un ambiente scosceso e roccioso, e il sentiero alterna dei tratti ripidi a tratti con gradini in pietra.
Partendo dall’area picnic Sterparo si incontra un pendio ripido dal quale raggiungere alcuni punti panoramici. Arrivati a quota massima inizia la discesa. Raggiunta l’area picnic della Grotta Sant’Angelo, si prende a sinistra fino all’incrocio del bivio segnalato che porta all’eremo, costituito dai resti di un’antica chiesa medievale dedicata a San Michele Arcangelo (XI e XII secolo) e da alcune vasche scavate nella roccia, che in passato servivano per la raccolta delle acque.
Il ritorno si percorre a ritroso fino al bivio per lo Sterparo dove si continua a mezza costa e si segue il sentiero G3 fino a tornare al punto di partenza, chiudendo così l’anello.
Per info: La Porta del Sole, tel. 0872980970 – 3392615405

Fonte della Noce
Anello di Fonte della Noce, Lettopalena
Siamo poco distanti dal grazioso borgo di Lettopalena, la passeggiata parte dal parcheggio di fronte al Rifugio Fonte della Noce, dove è presente una fontana.
Si attraversa una verde distesa di prato, fino al piccolo torrente che contraddistingue questa zona. Da qui si possono ammirare imponenti esemplari di pioppo nero. Il sentiero sale leggermente deviando a sinistra, e fiancheggia un’ampia pozza dalla quale si sviluppa il corso d’acqua. Salendo si raggiunge un bivio, con la possibilità di salire al vicino colle panoramico o completare l’anello che continua su un sentiero che si sviluppa all’interno di un florido e rigoglioso bosco di aceri, carpini, cerri e faggi. Scendendo lungo la strada asfaltata si raggiunge un incrocio e prendendo a sinistra si torna al torrente che costeggia il bosco e al vicino prato a ridosso del rifugio.
Per info: Comune di Lettopalena, tel. 0872918471

[Crediti| Immagini: Abruzzando.com, parcomajella.it, Angelo D’Alessandro, Francesca Pi Acca, Madalina Mancini]

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Un “assaggio” di costa dei trabocchi: la cucina di mare e la ricetta dei tacconcini alla Filippo

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cucina di mare

La costa dei trabocchi, quel lembo di terra bagnato dall’Adriatico e che da Ortona arriva fino a Vasto, ha una secolare tradizione marinara che in cucina trova espressione in una miriade di preparazioni.

Cucina di Mare
I fondali relativamente alti, le scogliere diffuse e gli areali marini molto diversi tra loro sono un habitat ideale per tantissime varietà di pesci e sono una straordinaria ricchezza per piatti storicamente legati ai prodotti della terra.

Questo connubio si manifesta palesemente in una delle preparazioni simbolo della costa abruzzese: il brodetto di pesce, il risultato di un felice e gustoso connubio tra pescato e ortaggi, una sintesi pressoché perfetta dell’incontro tra terra e mare rappresentato dallo stesso trabocco, quella sorta di “ragno colossale” che i contadini usavano un tempo per la piccola pesca.

Brodetto di pesce
Il brodetto nasce come “piatto di bordo”: veniva preparato abitualmente sulle paranze.
Terminata la giornata lavorativa e venduta la parte migliore del pescato, si consegnava ai marinai il pesce rimanente, quello “povero”, di piccola taglia o poco appetibile per il mercato.
Dal mare, salendo in città si attraversavano i campi, e lungo la strada i marinai scambiavano parte del pesce fresco con pomodori e peperoni dei contadini.
Il brodetto, da Vasto a Giulianova, è declinato in tantissime varianti. Anche rispetto a territori contigui, la versione cambia. Si pensi a quello vastese, “lu vrudatte” che non prevede il soffritto e contempla almeno sette varietà di pesce (razza, triglia, seppiolina, testone, noce, merluzzo, cicale di mare), olio extravergine d’oliva, peperone verde e pomodoro mezzo tempo.

Pesce per il brodetto

A San Vito Chietino nell’assortimento di pesce, oltre ai classici sono essenziali lo scorfano, il testone e la tracina, e si utilizza un quantitativo di pomodoro pari a quello del pesce, con l’aggiunta di aglio, peperone rosso dolce (a discrezione peperoncino piccante) e basilico.
La cottura avviene nella tijelle di coccio, il tegame di terracotta che conferisce al piatto caratteristiche uniche nel profumo e nel sapore.
Dopo aver consumato il pesce, l’usanza è quella di affogare nel sugo gli spaghetti o le linguine.

Pasta nel brodetto di pesce
Ma non si vive di solo brodetto!
Tra gli altri piatti che si possono apprezzare sulla costa dei trabocchi e in particolare a San Vito, spiccano: il rintrocilo (pasta fresca, tipica del lancianese) al sugo di pelosi (un granchio dalle grosse chele); la seppia, preparata ripiena sia al forno che al sugo (imbottita con mollica di pane, formaggio, aglio e prezzemolo tritato), con i piselli o con i fagioli.

Frittura di paranza
L’arrosto di mormore e di cefali
, la frittura di paranza (calamari, seppie, triglie e altri piccoli pesci), che prende il nome dall’imbarcazione utilizzata dai pescatori. E poi la chitarrina ai frutti di mare o agli scampi, i tacconcelli al sugo con cozze e fagioli, cozze ripiene al sugo o gratinate, lumachine di mare (bummalitt) con aglio, pomodoro e rosmarino (piatto molto saporito), la pasta con le alici fresche, sgombri lessi con peperoni arrosto, polpi in purgatorio o lessi con patate, sarde spinate, panate e fritte, mentre spostandosi più a sud nel vastese c’è spazio anche per i cavatelli alla pescatrice e la scapece (pesce fritto in olio extravergine d’oliva e poi immerso in una salsa di aceto e zafferano).

Filippo De Sanctis e sua nonna Maria Tosti
Per avere un “assaggio” della cucina della costa dei trabocchi decido di scambiare due chiacchiere con la signora Maria Tosti, la moglie di Filippo De Sanctis, conosciuto come il “mago del brodetto”, colui che ha fatto grande la storia della ristorazione di San Vito Chietino, con L’Angolino da Filippo, portando a tavola piatti realizzati, come amava ripetere “col prodotto fresco, appena pescato, e secondo le ricette tradizionali dei pescatori del posto. Nel modo più semplice possibile e usando solo ciò che ci viene dalla natura”, riferendosi in particolare a due delle sue celebri preparazioni: il brodetto di pesce e i tacconcini.

Maria e Filippo
Incontro la signora Maria a San Vito Marina, da Essenza Cucina di Mare, il ristorante di suo nipote Filippo De Sanctis, aperto un paio di anni fa proprio lì dove un tempo c’era la sede storica dell’Angolino, che ai tempi si chiamava “da Filippo”.

La signora Maria Tosti
La signora Maria mi racconta che il brodetto dei pescatori di San Vito, portato a tavola da suo marito, è stato persino cantato in una poesia composta dal poeta Giulio Sigismondi: “L’arte chiù prelibate”, che è proprio quella di cui Filippo si era impadronito sapientemente, anche lui “poeta” in cucina, intento ad una vera e propria “composizione” artistica, per dosare le diverse varietà di pesce.

I tacconcini alla Filippo

Un altro must erano i “tacconcini alla Filippo”, uno dei simboli della cucina di Filippo De Sanctis, che sua moglie Maria decide di prepararmi e illustrarmi in alcuni passaggi, in particolare nella preparazione del sugo.

La preparazione dei tacconcini alla FilippoLa preparazione dei tacconcini alla Filippo
Si tratta di un piatto che fa il suo esordio nel 1970, in occasione di un concorso enogastronomico regionale.

I tacconcini

Pesce per i tacconcini alla Filippo

I tacconcini (formato riadattato dal classico “taccone” dallo stesso Filippo) sono una pasta simile ai maltagliati, realizzata rigorosamente a mano e fatta con acqua e farina, accompagnata da un corposo sugo preparato con aglio, olio extravergine d’oliva, peperone rosso dolce e pesce fresco locale.

La preparazione dei tacconcini alla Filippo

Si comincia pulendo e lavando il pesce, in questo caso la pescatrice, la seppia, gli scampi e i crostacei, dopodiché, dentro una larga pentola, si aggiunge il pomodoro, abbondante olio extravergine d’oliva, uno spicchio d’aglio, un peperone rosso dolce tagliato a lische, il prezzemolo e si aggiusta di sale.

Si adagiano, una alla volta, le diverse varietà di pesce per ordine di durezza, iniziando dalla seppia, che porterà via più tempo per la cottura, e poi si aggiunge il resto.

La preparazione dei tacconcini

La preparazione dei tacconcini alla Filippo

Una volta che la seppia e la pescatrice avranno fatto buona parte della cottura, si toglie il tutto dalla pentola e si sminuzza il pesce in tanti piccoli pezzetti che saranno aggiunti nuovamente nel sugo.

Preparazione dei tacconcini alla Filippo
Preparazione dei tacconcini alla Filippo
Preparazione dei tacconcini alla Filippo
Preparazione dei tacconcini alla Filippo

A questo punto si butta la pasta. E’ importante che i tacconcini completino la cottura, dopo essere stati scolati solo in parte, nel sugo.

Preparazione dei tacconcini alla Filippo

Il risultato finale è un piatto semplice, autentico e gustoso, “un assaggio” di costa dei trabocchi, perfetto con un vino del territorio, magari un Cerasuolo d’Abruzzo.

[Crediti | Immagini: Carmelita Cianci – fatta eccezione per la foto della frittura di paranza (archivio Patto Territoriale Sangro Aventino) e quella di Maria e Filippo tra i tavoli della loro prima locanda (libro “Filippo De Sanctis, ristoratore per vocazione” di Maria Tosti)]

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Racconta il Sangro Aventino, l’Abruzzo dalla Majella ai Trabocchi

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Contest Terre dei Trabocchi

Contest Terre dei Trabocchi

Come racconteresti il territorio del Sangro Aventino?
Scrivi un articolo, Terre dei Trabocchi pubblica il tuo post.

Tanti sono i volti dell’Abruzzo, una regione unica nella sua conformazione: lì dove finisce il mare, emerge e comincia con semplicità la montagna, senza contrasti netti.

Terre dei Trabocchi è un blog, molto seguito e apprezzato che vanta migliaia di visite quotidiane, dedicato al territorio del Sangro Aventino, a quel lembo di Terra che dalla Majella se ne sta proteso verso il Mare attraverso una sottile passerella di assi flessibili chiamata trabocco.

Stiamo creando una “redazione diffusa” che contribuisca alla valorizzazione del territorio.
Prendi parte al nostro progetto e raccontaci con un post il Sangro Aventino.

L’area di riferimento include i seguenti Comuni:

  1. A. ALTINO, ARCHI, ATESSA
  2. B. BOMBA, BORRELLO
  3. C. CASOLI, CASTEL FRENTANO, CIVITALUPARELLA, CIVITELLA MESSER RAIMONDO, COLLEDIMEZZO, COLLEDIMACINE
  4. F. FARA S.MARTINO, FALLO, FOSSACESIA, FRISA
  5. G. GAMBERALE, GESSOPALENA,
  6. L. LAMA DEI PELIGNI, LANCIANO, LETTOPALENA,
  7. M. MONTAZZOLI, MONTEBELLO SUL SANGRO, MONTEFERRANTE, MONTELAPIANO, MONTENERODOMO, MOZZAGROGNA
  8. O. ORTONA
  9. P. PAGLIETA, PALENA, PALOMBARO, PENNADOMO, PERANO, PIETRAFERRAZZANA, PIZZOFERRATO
  10. Q. QUADRI
  11. R. ROCCA SAN GIOVANNI, ROCCASCALEGNA, ROIO DEL SANGRO, ROSELLO
  12. S. SANTA MARIA IMBARO, S.EUSANIO DEL SANGRO, SAN VITO CHIETINO
  13. T. TARANTA PELIGNA, TORINO DI SANGRO, TORNARECCIO, TORRICELLA PELIGNA, TREGLIO
  14. V. VILLA SANTA MARIA

I post devono rientrare in una di queste 5 categorie:

Appunti di Gusto: articoli sull’enogastronomia locale, un prodotto o piatto tipico, l’incontro con un produttore o la produzione di un prodotto, un evento enogastronomico di rilievo, una guida enogastronomica, una ricetta raccontata in “real time”.
Alcuni esempi:

  1. Le ricette della tradizione, la pizza scima ovvero scema
  2. Cronaca di una ricetta (annunciata), il bocconotto di Castel Frentano
  3. La pasta come una volta, il Pastificio Cav. Giuseppe Cocco
  4. Cala Lenta, il gusto e la cultura delle Terre dei Trabocchi
  5. A cena sul trabocco, breve guida

A Saperlo: articoli di natura generale sul territorio, che riguardano un evento, un aneddoto, l’incontro con un personaggio locale, cultura.
Alcuni esempi:

  1. Le Feste di Settembre a Lanciano
  2. Vincenzo Merlino, uno degli ultimi lanifici d’Abruzzo
  3. La Vianova delle arance
  4. L’estate in Abruzzo, scopri il Sangro Aventino

Andar per Borghi: articoli che raccontano i borghi del comprensorio del Sangro Aventino.
Alcuni esempi:

  1. Andar per borghi, Frisa
  2. Andar per borghi, Altino

Natura d’Avventura: articoli dedicati al paesaggio, alla natura, alla vacanza attiva e all’outdoor.
Alcuni esempi:

  1. (Soft)trekking d’autunno, 5 sentieri per esplorare il Sangro Aventino
  2. Non solo camosci, Lama dei Peligni e il Parco Nazionale della Majella
  3. Rafting in Abruzzo, istruzioni per l’uso

Voglia d(A)mare: articoli dedicati al mare, alle spiagge, trabocchi.
Alcuni esempi:

  1. Il mare in Abruzzo, guida alle spiagge della costa dei trabocchi
  2. Al mare (a fine settembre) con D’Annunzio

Itinerari (Tour Post): guide e itinerari di una giornata o più giorni sul territorio.           
Alcuni esempi:

  1. Pasqua in Abruzzo, itinerario dalla Majella ai trabocchi
  2. Tour Post, 48 ore in Abruzzo: Lanciano, Rocca San Giovanni e San Vito Chietino

Come funziona. Scrivete un post di 3000 battute massimo (corredato di contenuti multimediali come foto, video, altro) in una email con oggetto “racconta il Sangro Aventino”, e mandate a leterredeitrabocchi@gmail.com da oggi fino al 30 novembre.
Una giuria, composta dal social media team di Terre dei Trabocchi e da esperti del settore, metterà a confronto tutti i post che ci invierete.
I tre articoli che si aggiudicheranno più voti saranno pubblicati, con la firma dell’autore, sulla piattaforma www.visitterredeitrabocchi.it

 

L'articolo Racconta il Sangro Aventino, l’Abruzzo dalla Majella ai Trabocchi sembra essere il primo su Terre dei Trabocchi.

Borrello, “l’Alba” del tartufo in Abruzzo

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Tartufo di Borrello

Il tartufo bianco d'Abruzzo
Le giornate assolate di fine autunno sono generose di colori, impressioni e scenari memorabili; è questa la sensazione che si ha percorrendo dalla Statale Adriatica la Val di Sangro, la vallata che si estende lungo il corso del fiume Sangro. Un susseguirsi di borghi arroccati, la Maiella in lontananza che si è appena vestita di bianco, il turchese del lago di Bomba che fa capolino e poi immense distese boschive, tonalità di verde, giallo, arancio e marrone che si mescolano.

BorrelloE così eccomi a Borrello, terra di confine, ancora per un attimo nella provincia di Chieti, non troppo distante dall’Aquilano e allo stesso tempo “quasi Molise”, la provincia di Isernia è dietro l’angolo.
BorrelloIl paese di Borrello, ricordato storicamente come Civitas Burrelli, nasce intorno all’anno mille sui resti di un antico insediamento, conta appena 361 abitanti e se ne sta beato a circa 800 metri di altitudine sulla vallata del Medio Sangro. Conosciuto soprattutto per le Cascate del Rio Verde, le cascate naturali più alte d’Italia (formate da un triplice salto che complessivamente misura 200 mt.), negli ultimi 25 anni si è scoperto anche territorio generoso di tartufo.
Vittoria Mosca
E’ per questo motivo che incontro Vittoria Mosca, titolare di Rio Verde Tartufi, una piccola realtà artigianale che si occupa della produzione e vendita di tartufi freschi e conservati.
Cominciamo con una semplice e concisa definizione di tartufo: si tratta di un fungo ipogeo ovvero sotterraneo, a forma di tubero, che vive in simbiosi con le radici di alcune piante.

Tartufo bianco pregiato
La zona di Borrello ne è storicamente prolifica, tuttavia la gente del posto ha conosciuto e imparato ad apprezzarlo solo negli ultimi venti anni. Basti pensare che ancora negli anni ’80 era considerato una “patata puzzolente” senza alcun tipo di valore o appeal in cucina.
Non la pensavano così i cavatori piemontesi, marchigiani e umbri che frequentavano questi luoghi già negli anni ’70. Tutt’oggi, ogni giorno arrivano cavatori e commercianti da tutta Italia per quello che, in questo periodo dell’anno, è il tartufo più diffuso da queste parti ovvero il bianco pregiato (Tuber magnatum), tartufo blasonato che da sempre lega il suo nome alla città di Alba nelle Langhe (in Piemonte è molto diffuso anche nel Monferrato e Roero, mentre nelle Marche è rinomato quello di Acqualagna).

Tartufo bianco pregiato
Vittoria mi spiega che nel territorio di Borrello sono presenti tutte le condizioni e l’habitat ideale per il tartufo bianco: un’altitudine superiore ai 650 mt, un’area boschiva molto estesa e umida dove prevalgono faggeti e pioppeti.
Insieme ai territori circostanti (Quadri, Villa Santa Maria, Bomba, Gamberale, Pizzoferrato), diversi comuni dell’Alto Vastese (Torrebruna, Schiavi d’Abruzzo, Castiglione Messer Marino) e al vicino Molise, rappresenta un “tridente” altamente vocato per il Tuber magnatum, reperibile tra ottobre e fine dicembre.

Tartufo nero Scorzone
Oltre al bianco pregiato, troviamo lo Scorzone ovvero il tartufo nero estivo (Tuber aestivum), che solitamente preferisce terreni appena più aridi, in prossimità degli uliveti e delle ginestre e si raccoglie da giugno a fine settembre. Insieme a Borrello, le zone più produttive nel chietino sono quelle di Bocca di Valle (Guardiagrele), Fara Filiorum Petri, Pretoro, Rapino e poi Piane d’Archi, Roccascalegna e Bomba.

In Abruzzo si possono contare circa 28 varietà di tartufo, le più diffuse e commerciali sono, insieme al bianco pregiato e allo Scorzone: il nero pregiato (Tuber melanosporum Vitt.) che necessita di un’altitudine elevata, a partire dai 1000 mt, ed è diffuso soprattutto nell’Aquilano, il nero uncinato o Scorzone invernale (Tuber uncinatum Chatin) che predilige boschi di latifoglie e terreni prevalentemente argillosi, e il bianchetto (Tuber borchii Vitt.) che cresce persino sulla costa in prossimità di pinete e terreni sabbiosi.

Il 2016 può considerarsi un anno particolarmente prospero: le condizioni pedoclimatiche (soprattutto le piogge estive) hanno garantito una buona resa. Inoltre, sottolinea Vittoria, l’abbondanza è anche sinonimo di un habitat sano, perché il tartufo è una sentinella ambientale.

Tartufo bianco pregiato
La prosperità si riflette anche sul prezzo di mercato che nelle annate meno favorevoli supera per il bianco pregiato anche i 3000 Euro al kg, mentre quest’anno siamo intorno ai 1500/1600 Euro al kg per le pezzature medie, anche se alla Fiera del Tartufo di Alba, il miglior tartufo (cavato nelle terre di Langhe, Roero e Monferrato) di ben 645 grammi è stato stimato per un valore di circa 3000 Euro.

Mentre chiacchiero con Vittoria, arriva suo marito Giuseppe con il “bottino” della giornata. E’ uscito presto al mattino con i suoi cani da tartufo. Ne approfitto per prendere qualche informazione sulla raccolta, e salta fuori che secondo la tradizione è preferibile, per avere una resa ottimale, andare per tartufi nei periodi di luna crescente.
Sarà vero? Chissà, credenza popolare o meno, meglio onorare certe consuetudini.

Tartufo bianco pregiato
Ad ogni modo, per la raccolta del tartufo è necessaria un’abilitazione e al cavatore viene rilasciato un patentino. C’è un calendario stabilito da rispettare, considerando le diverse specie; si pensi al bianco, molto diffuso in autunno, si può raccogliere dal 1° ottobre al 31 dicembre, fuori dai periodi consentiti c’è il rischio multa. La quantità massima di raccolta quotidiana ammessa, in l’Abruzzo, è complessivamente di 500 grammi per il bianco pregiato, 1 kg per il nero pregiato e si sale a 2 kg con lo Scorzone.
Si esce nei boschi in determinati orari con cani addestrati di razza medio piccola, indispensabili in questa vera e propria caccia al tesoro. Il ruolo del cane è quello di segnalare la presenza del tartufo, al resto penserà il cavatore che con l’utilizzo di una vanghetta a punta lo farà uscire allo scoperto.

Il bianco pregiato si trova solitamente a circa 30 cm di profondità nel terreno, in prossimità delle radici dell’albero, mentre lo Scorzone è quasi in superficie e cresce a grappoli (a differenza del Tuber magnatum), quindi se ne scovate uno, ce ne saranno sicuramente anche altri.

Il tartufo è una risorsa che va tutelata, ha un suo ciclo produttivo che è necessario rispettare. E’ quindi fondamentale dopo la raccolta, ricoprire quella cavità, andare colmare quel vuoto, altrimenti lì non crescerà più niente.

Tartufo bianco pregiato
Una volta raccolto, il tartufo arriva nel laboratorio di Vittoria e si procede con la selezione e il peso del prodotto. Avremo così una parte di “scarto” ovvero “pezzi” che commercialmente non possono essere proposti a clienti come i ristoranti, perché esteticamente poco appetibili e quindi dal valore economico minore, anche se qualitativamente buoni. Le pezzature più grandi invece saranno destinate alla vendita, il resto alla trasformazione: la materia prima è lavata e spazzolata, macinata o tagliata a fettine, e il prodotto finito (senza l’aggiunta di conservanti) invasato a mano.

Tartufo bianco pregiato
Ma come si conserva e pulisce il tartufo fresco?
Dal momento della raccolta, seguendo alcuni semplici accorgimenti, è possibile conservarlo fino a 15 giorni. Si può tenere in frigorifero, a una temperatura di 3-4°, chiuso ermeticamente in un barattolo e avvolto nella carta assorbente da cambiare ogni due giorni per evitare un eccesso di umidità che rischierebbe di compromettere il prodotto causando la muffa. Inoltre meglio conservarlo sporco, con la terra, importante per mantenere inalterate tutta la fragranza. La pulizia è consigliata prima dell’utilizzo, lavando il tartufo sotto acqua corrente e utilizzando una spazzola morbida per “grattare” la superficie.

Affetta tartufi
Per affettarlo, è bene ricorrere all’affetta tartufi, così da ottenere delle scaglie sottilissime. In cucina, soprattutto il bianco pregiato, che si distingue rispetto alle altre tipologie per la maggiore intensità dell’aroma, dà il meglio di sé a crudo su crostini, uova e primi piatti.

Tagliatelle
Per averne un assaggio, Vittoria mi accompagna nella trattoria del paese, lo Shangrilà, dove trovo la titolare, Vincenzina, con le mani in pasta: sta preparando delle tagliatelle all’uovo con il peperone rosso dolce di Altino da abbinare al tartufo bianco di Vittoria. Non posso fare a meno di chiederle la ricetta.

Ingredienti per l’impasto
– 250 gr di semola di grano duro
– 250 gr di farina ‘00
– 5 cucchiai di peperone dolce di Altino (in polvere)
– 2 uova
– un pizzico di sale
– ½ bicchiere di acqua

Ingredienti per il condimento
– olio evo q.b.
– 1 cucchiaio di peperone dolce di Altino (in polvere)
– una manciata di pecorino di media stagionatura
– un po’ di acqua di cottura
– tartufo bianco di Borrello

Tagliatelle
Su una spianatoia versiamo a fontana le farine, e aggiungiamo, in successione, il peperone dolce di Altino in polvere, un pizzico di sale, le uova e un po’ di acqua che ci aiuterà nell’impasto. Amalgamiamo il tutto e lavoriamo finché la pasta non risulterà liscia e omogenea. Facciamo riposare l’impasto almeno una trentina di minuti, quindi stendiamo la pasta con l’ausilio di un matterello o una macchinetta a manovella.

Tagliatelle al tartufoTagliatelle al tartufoArrotoliamo la sfoglia e tagliamo il rotolo di pasta a fettine di circa 7 mm di spessore e otterremo le tagliatelle. A questo punto, gettiamo la pasta e nel mentre, in una padella, lasciamo riscaldare l’olio extravergine d’oliva, aggiungiamo il peperone dolce di Altino in polvere, un po’ di acqua di cottura e, una volta scolate, le tagliatelle. Mantechiamo con del pecorino, impiattiamo e infine spazio al tartufo bianco.

Ravioli al tartufoUova al tartufoUova al tartufo
Oltre alle tagliatelle mi concedo un assaggio di un altro primo (i ravioli di ricotta con i funghi) e delle uova, sempre con l’immancabile Tuber magnatum.

Uova al tartufo
Nella sua cucina Vincenzina dà molto spazio al tartufo, sempre abbinato ai prodotti del territorio, si pensi ai funghi che a Borrello sono un altro must, ai piatti locali come le classiche sagne a pezze, la pasta alla chitarra o la scamorza arrostita.
Tuttavia mi spiega che il tartufo è un fenomeno nuovo nella cucina del posto, proprio perché fino alla fine degli anni ’80 non si conosceva il suo reale valore e suscitava scarso interesse come materia prima.

Terminata l’incursione enogastronomica da Vincenzina torno a fare due chiacchiere con Vittoria per conoscere meglio la sua realtà produttiva.

Prodotti Rio Verde TartufiProdotti Rio Verde Tartufi
Rio Verde Tartufi nasce nel 1992; inizialmente commercializza solo tartufi freschi, poi dal ’97 arriva anche la trasformazione del prodotto in salse e creme al tartufo (bianco e nero), carpacci di tartufo, olio extravergine aromatizzato, per citarne solo alcuni. Da qualche anno c’è spazio anche per una piccola linea di confetture artigianali ottenuta con frutta incolta selvatica locale come le more, le prugne e l’uva fragola.

Vittoria Mosca
Vittoria, che rifornisce con il tartufo bianco pregiato diversi ristoranti stellati in Italia e all’estero e vende i suoi prodotti nelle gastronomie specializzate del Bel Paese, ha scelto di rimanere una piccola realtà artigiana per continuare a fare ciò in cui crede ovvero proporre solo prodotti di altissima qualità e promuovere la “cultura del tartufo” in un territorio che non è ancora del tutto “consapevole” delle risorse (e del potenziale) che ha, ma si appresta a conoscerle.

[Crediti | Immagini di Carmelita Cianci – le foto iniziali del paese di Borrello sono di francesco (Flickr) e Andrea Evangelista]

L'articolo Borrello, “l’Alba” del tartufo in Abruzzo sembra essere il primo su Terre dei Trabocchi.

Il menu delle feste, la cucina di Natale in Abruzzo

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Cucina di Natale

Natale in Abruzzo
Il Natale è ormai alle porte, così con l’aiuto di alcune realtà agrituristiche presenti sul territorio, in una sorta di itinerario enogastronomico che da Lanciano passa per Torricella Peligna e arriva a Casoli, abbiamo assemblato il tradizionale “menu” delle feste in Abruzzo e nel Sangro Aventino, in particolare la cena della Vigilia e il pranzo di Natale.
Lanciano

Il nostro giro parte dall’Agriturismo Caniloro, siamo in Contrada Sant’Onofrio, nella verdeggiante campagna di Lanciano, per avere un assaggio di un classico piatto della cucina rurale frentana, le “foglie fritte” ovvero la verza accompagnata dai peperoni secchi e dalle sarde, un must della cena della Vigilia di Natale.

caniloro
Ad accogliermi Berardino Abbonizio e sua moglie Giuseppina Di Nardo che mi raccontano che da queste parti, la sera della Vigilia, tradizione vuole che siano servite a tavola almeno tredici portate.

La carne non è contemplata, ma lo stesso vale per il pesce che storicamente qui nell’entroterra si è sempre consumato “conservato”; il fresco è una prerogativa lasciata alla costa e a tavola trova ampio spazio nella preparazione di zuppe di pesce, fritture di paranza, grigliate, seppie ripiene, polpi in purgatorio, e così via.

Sarde
Quella dell’entroterra è una cucina fatta di verdure, legumi e “pesce conservato”, così ecco “scendere in campo” per il cenone della Vigilia il baccalà, le sarde, il tonno in scatola, mentre i più audaci e coraggiosi oseranno con il capitone (la femmina di anguilla).

Caniloro
Facendo una rapida rassegna dei piatti con Berardino, sulle tavolate del lancianese sono immancabili: i “ciabbuttelli” (baccalà o borragine in pastella e fritti), i fedelini con il tonno (spaghetti appena più piccoli, conditi con il tonno in scatola e salsa di pomodoro), le “foglie fritte” (verza accompagnata dai peperoni e dalle sarde), i fagioli (cotti nella pignata di terracotta sul fuoco del camino), le lumache di terra alla lancianese (accompagnate da un corposo sugo), il baccalà cotto sulla brace con i peperoni secchi dolci (arrostiti sulla brace e poi tritati sul baccalà condito con olio evo, prezzemolo, aglio e sedano) o lo stoccafisso in umido (in padella con un po’ di pomodoro, porro e cipolla), le lumache di terra ripiene (con mollica di pane, aglio e prezzemolo), le seppie fritte, il capitone cotto sulla brace (non è in uso da Caniloro, ma è presente su diverse tavole della zona), frutta fresca e secca (mele locali, uva appassita, fette d’arancia con lo zucchero, noci), scrippelle o crespelle (un morbido e soffice dolce fritto), calcionetti o caggionetti (fagottini fritti ripieni con ceci o castagne), celli pieni (tarallucci di sfoglia croccante farciti con confettura d’uva), e i mostaccioli al cioccolato.

Il pranzo di Natale, invece, strizza l’occhio alla carne e quindi al brodo di tacchino e gallina con il cardone, le lasagne al ragù di carni miste, il tacchino arrotolato ripieno, il pollo cotto sulla brace, mentre sul fronte “frutta e dolci” il repertorio è lo stesso della Vigilia.

CaniloroA questo punto, la signora Antonietta, la madre di Berardino, mi mostra la preparazione del più classico e tradizionale dei piatti della Vigilia, le “foglie fritte”.
Foglie fritte
Gli ingredienti sono aglio, olio extravergine d’oliva, verza, peperone dolce secco di Altino e sarde sotto sale.

Il piatto potrebbe ricordare pizz e foje, ma in questo caso si utilizza la sola verza che viene prima lavata e pulita e poi cotta lentamente (circa 45 minuti o poco più) direttamente sul fuoco del camino. A casa è possibile replicare con una capiente pentola su un normale fornello.

CaniloroSoffrittoVerzaSi comincia da una base di olio extravergine d’oliva, peperone dolce secco e aglio, si lascia soffriggere il tutto e poi entra in scena la verza (regolando di sale a piacimento) che cuoce lentamente; è necessario aggiungere di tanto in tanto un po’ di acqua per aiutarsi nella cottura.
VerzaCaniloroCaniloro
A preparazione ultimata, si procede con i peperoni fritti, che dovranno essere ben croccanti.

CaniloroPeperoni frittiSarde fritte
Infine tocca alle sarde, che una volta lavate e pulite sono passate nella farina e fritte.

Caniloro

Foglie fritte
Il nostro piatto è pronto per essere assaggiato, ci sediamo a tavola e mi concedo una piccola e deliziosa anteprima del cenone della Vigilia, che continua al Vecchio Moro, agriturismo di Torricella Peligna, dove mi aspettano Amalia e Antonio Villani.

Torricella Peligna
Così eccomi in località Stazzo dei Cavalli, siamo al cospetto della Maiella, nelle immediate vicinanze di Roccascalegna, per un soffio nel territorio di Torricella Peligna, paese noto per aver dato i natali a Nick Fante, padre dello scrittore John Fante. Poco distante il caratteristico borgo di Gessopalena.

Anche da queste parti il giorno della Vigilia si è soliti consumare piatti della tradizione che escludono categoricamente la carne, mentre in cucina trova ampio spazio il baccalà, preparato con i peperoni arrosto, in pastella oppure in umido con pomodoro e patate.

Il Vecchio Moro
Tra le altre preparazioni non mancano “pizz e foje” (pizza di mais e cicoria selvatica sbollentata e ripassata in padella) con sarde e peperoni secchi fritti, i fedelini con il tonno, cascigni (verdure spontanee di campo) e fagioli, le zuppe di legumi, l’insalata di sarde (sarde sotto sale pulite e spinate, condite con olio evo, prezzemolo e aglio) un tempo molto diffuse a colazione durante la raccolta delle olive.

In quanto a dolci, sono molto popolari i fritti come i calcionetti (farciti con miele e mandorle), i pastinetti (fagottini farciti con ceci e cacao), e le scrippelle.

Per il pranzo di Natale il vero protagonista è il classico brodo di tacchino con il cardone, con le polpettine di vitello e la stracciatella. La carne lessa, invece, è solitamente servita con i sottaceti e le uova.
Veniamo ai piatti che mi propongono i coniugi Villani.

Baccalà e peperoni
Cominciamo dal tradizionalissimo baccalà e peperoni arrosto.
E’ importante dissalare il baccalà e quindi metterlo in ammollo qualche giorno prima dell’utilizzo (le tempistiche variano a seconda della grandezza e spessore dei filetti).

Baccalà
La cottura può essere fatta sulla brace, sulla griglia o direttamente in padella, come mi mostra la signora Amalia. Una volta pronto, si lascia raffreddare, si spina e si sfilaccia con le mani.

BaccalàBaccalà
Sul fronte peperoni, sono utilizzati quelli freschi (varietà corno di bue) anziché quelli essiccati.
Si tratta dei peperoni dell’orto, messi da parte in quantità durante l’estate e conservati come provvista per l’inverno. Sono arrostiti sulla brace o sulla griglia e poi spellati e tagliati. Quindi si condiscono con olio extravergine d’oliva, aglio, prezzemolo e un pizzico di sale.

Peperoni arrostoBaccalà e peperoniBaccalà e peperoni
Ai peperoni si aggiunge il baccalà sfilettato e, una volta mescolato il tutto, il piatto sarà pronto per essere gustato con del pane abbrustolito.

Pastinetti
Ho il piacere di assistere anche alla preparazione dei “pastinetti”, dolce tipico della zona e in particolare di Roccascalegna. Fagottini fritti, farciti con un sostanzioso ripieno di ceci e cacao, che per aspetto ricordano i calcionetti, ma variano nell’impasto (al posto del vino è presente il latte).

Così ecco la ricetta.

Ingredienti per l’impasto
– 4 uova
– 1 bustina di lievito per dolci
– ½ bicchiere di latte
– 600 gr. di farina 00
– 1 tazzina di olio evo
– buccia di limone

Ingredienti per il ripieno
– 1 kg di ceci
– 150 gr. di cacao amaro
– 1 bicchiere di mosto cotto
– 300 gr. di zucchero
– 1 cucchiaio di miele
– un pizzico di cannella

Per la frittura
– olio extravergine d’oliva
– strutto

Ripieno pastinetti
Si lasciano in ammollo i ceci (almeno 12 ore), che vengono lessati e passati, quindi aggiunti in una pentola con tutti gli altri ingredienti previsti per il ripieno: cacao amaro, mosto cotto, zucchero, miele e cannella. Si amalgama bene il tutto e si lascia cuocere finché il composto non risulterà asciutto. Quest’operazione è bene farla il giorno prima della preparazione del dolce.

Impasto pastinetti
Per l’impasto, su una spianatoia si versa la farina a fontana e vengono aggiunte in successione le uova, l’olio evo, la buccia di limone, il lievito e il latte. Si lavora per bene l’impasto fino ad avere un panetto morbido e omogeneo da far riposare almeno una quindicina di minuti.

PastinettiPastinettiPastinetti
A questo punto si tira la sfoglia con il matterello o l’ausilio di una macchinetta ricavandone delle strisce (larghe 4 – 5 cm e lunghe 10 – 15 cm) sulle quali posizionare il ripieno. Quindi si richiude la sfoglia su se stessa e si taglia a mezzaluna con l’ausilio di una rotella.

PastinettiPastinetti
L’ultimo passaggio è quello della frittura in abbondante olio evo bollente e strutto, che renderebbe il dolce meno unto; quando i pastinetti risulteranno ben dorati saranno scolati, messi ad asciugare sulla carta assorbente e quindi serviti, come consuetudine vuole, senza aggiunta di zucchero a velo, a differenza dei calcionetti.

Pastinetti
Terminata la mia “full immersion” nel menù della Vigilia, non mi resta che raggiungere l’Agriturismo Travaglini a Casoli per avere un assaggio in anteprima anche del pranzo di Natale.

Casoli
Siamo in Contrada Piano delle Vigne, da qui si ha una prospettiva del borgo di Casoli davvero pittoresca. Mi accolgono Claudia Travaglini e sua madre Maria, per illustrarmi il piatto cult del Natale made in Abruzzo ovvero il brodo con il cardone.

Brodo con il cardo
Andiamo con ordine perché prima di cominciare sono curiosa di sapere quale sia l’usanza della Vigilia da queste parti. Anche qui non c’è tavolata che si rispetti senza gli ormai noti fedelini con il tonno (in bianco e non con il pomodoro in questo caso) o con le sarde fritte sotto sale, il baccalà cotto sulla brace con i peperoni arrosto (quotata anche la versione in umido con il pomodoro), i fagioli (lessati e ripassati in padella con un soffritto di cipolle), le “foglie fritte” (la verza) con peperoni e sarde fritte, i ceci abbrustoliti, le “crustele” ovvero la versione salata delle scrippelle fritte a tutto pasto, e poi frutta secca, uva appassita, arance e mele a volontà.

Celli pieni
Il dolce natalizio per eccellenza di Casoli è rappresentato dai “piccilljet”, una sorta di celli pieni, realizzati con un impasto di olio, vino e farina e farciti con mosto cotto, noci tritate, buccia d’arancia, biscotti secchi, mollica di pane, cacao e un pizzico di cannella.

Tra i dolci fritti del periodo, invece, spiccano i calcionetti con il ripieno di ceci, cacao e mosto cotto.

Brodo con il cardo
Per il pranzo di Natale si comincia con l’antipasto che vede di scena i salumi fatti in casa, formaggi, sottolio, insieme alle “crustele” e alle “pizzelle fritte”, una sorta di “salatino sottile e friabile” ottenuto con un impasto identico a quello della pizza scima (olio evo, vino, farina e sale), con la pasta stesa sottilmente, di forma tonda, incisa e fritta in olio bollente. Un tempo era il pasto dei contadini durante la raccolta delle olive e si accompagnava con l’olio nuovo, salumi e formaggi.

Si continua con il brodo con il cardone, le lasagne al ragù di carni miste, il tacchino porchettato al forno, l’agnello o il pollo alla brace, frutta e dolci.

Brodo con il cardo
Ma veniamo al glorioso e generoso brodo con il cardone, piatto dalla realizzazione lunga ed elaborata e preparazione presente, per il pranzo di Natale, su buona parte delle tavole abruzzesi.

Brodo con il cardo
Tradizionalmente si tratta del piatto dell’abbondanza, “assemblato” con innumerevoli ingredienti, in quanto nel giorno della festa era “necessario” compensare la cucina povera di tutti i giorni, quella fatta di materie prime semplici ed esigue.

Brodo con il cardoBrodo con il cardo
La lunga lista ingredienti contempla il brodo, di tacchino e gallina, che richiede ore di lenta cottura. Solitamente si prepara il giorno prima di Natale, quindi il pomeriggio o la sera della Vigilia.

Brodo con il cardoBrodo con il cardo
Poi c’è il “cardone” ovvero il cardo (ortaggio invernale che per forma ricorda il sedano e appartiene alla famiglia dei carciofi): si asportano i fili e le parti più dure, si lava, si taglia a pezzetti e si sbollenta per una decina di minuti.

pallottine
Indispensabili le “pallottine”, polpettine realizzate con macinato di vitello, un po’ di prezzemolo e formaggio grattugiato, che insieme ad una parte del lesso di gallina sfilacciato a mano, andranno ad arricchire e insaporire il brodo.

Brodo con il cardoBrodo con il cardoBrodo con il cardo
In alcuni borghi vicini, come Palena, c’è l’usanza di non aggiungere la carne lessa sfilacciata, bensì consumarla a parte, accompagnata con la giardiniera, sottoli e sottaceti. Mentre un tempo era comune servire il lesso con le fette di arancia.

Brodo con il cardoBrodo con il cardo
Altro ingrediente irrinunciabile è la stracciatella preparata, in questo caso, con cicoria sbollentata, uova e formaggio grattugiato.

Pasta all'uovoPasta all'uovoPasta all'uovoPasta all'uovoPasta all'uovoPasta all'uovo
A Casoli ha voce in capitolo persino la pasta, scelta nel suo formato regionale prediletto ovvero la chitarra che per l’occasione si fa più sottile, quindi chitarrina, e viene ridimensionata e tagliata, fatta cuocere in acqua bollente, scolata e incorporata anch’essa nel brodo.

Pizza rusticaBrodo con il cardo
Ma non è ancora finita, c’è spazio anche per la pizza rustica (realizzata con uova, farina, formaggio grattugiato e prezzemolo), aggiunta per ultima, per dare quel tocco vivace di colore al nostro brodo, il trionfo della sostanza e dell’abbondanza, requisiti indispensabili per il pranzo di Natale in Abruzzo.

[Crediti | Immagini di Carmelita Cianci – le foto del borgo di Casoli e di Lanciano sono di Andrea Evangelista, quella di Torricella Peligna è di Antonino Antrilli]

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In Abruzzo la prima Fontana del Vino in Italia

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Fontana del Vino - Ortona

Fontana del Vino - Ortona

di Fausto Di Nella

La Fontana del Vino nasce il 9 ottobre 2016 a seguito di una storia abbastanza simpatica.

Dina e Luigi Narcisi sono una coppia di Ortona che nei tanti anni assieme ha camminato il mondo in lungo e il largo con vette himalayane, Monte Bianco, Dolomiti e ben quattro volte il Cammino di Santiago di Compostela… sempre insieme.
Nel 2013 sono tra i fondatori del Cammino di San Tommaso che percorrono ben quattro volte in questi anni.
A giugno 2016 mentre Dina è intenta a fare una sana sistemazione delle foto sul pc “inciampa” su quella scattata dai due a Estella, in Navarra, dove la cantina Bodegas Irache da più di dieci anni ha installato la prima Fontana del Vino al mondo.

Vede la foto, si ricorda di quelle belle giornate e decide di inviarla a Nicola D’Auria proprietario della Cantina Dora Sarchese di Ortona e anche lui tra gli animatori del Cammino di San Tommaso.
Il messaggio recita: “La facciamo anche lungo il Cammino una Fontana del genere?”
Nicola dice subito di no, poi ci pensa quasi tutta l’estate e a settembre all’improvviso accetta.
La Fontana si farà.

Fontana del Vino - Ortona
Convoca il famoso architetto Rocco Valentini e gli chiede di realizzare un’opera che sia in realtà anche un monumento al vino abruzzese e in particolare al Montepulciano d’Abruzzo. 

L’architetto nota nel retro della cantina una vecchia botte molto grande inutilizzata e decide che quella diventerà la fontana.
La pone verticalmente, inizia a lavorare con le assi per renderla più affascinante nel design e utilizza solo materiale di riuso come una grande pietra di calcarea della Maiella e altri elementi in ottone ricavati da attrezzature agricole.

Il principio è quello di far entrare il pellegrino/visitatore dentro la botte e farlo “sentire vino”.

Fontana del Vino - Ortona
Il 9 ottobre 2016 viene inaugurata al Fontana davanti a migliaia di curiosi accorsi per l’occasione.
Dalla stessa sgorga acqua e, come detto, il vino Montepulciano d’Abruzzo.

All’entrata per tutti i pellegrini e i winelovers campeggia la scritta:“Bevi vino, ché non sai donde sei venuto: sii lieto, perché non sai dove andrai.” che è la terza delle dodici quartine d’amore di OMAR KHAYYÂM.

La notizia della prima fontana del vino in Italia inizia a fare il giro del mondo, ne parlano il Time, Cosmopolitan, Condè Nast Traveller, Daily Mail, The Sun, The Telegraph e si potrebbe continuare grazie a una rassegna stampa che conta oltre 70 nazioni e 35 lingue diverse.

Fontana del Vino - Ortona
Da quel giorno la fontana del vino è meta di migliaia di visitatori, soprattutto stranieri, che – quasi come San Tommaso Apostolo – accorrono per vedere con i propri occhi se la notizia letta nel loro paese d’origine è vera oppure no.

La fontana oggi è una vera e propria attrazione turistica abruzzese, essendo davvero una sorta di monumento, un “pezzo di design” unico al mondo di cui essere fieri.

[Crediti | Immagine di copertina Dora Sarchese Vini – Le altre foto sono di Tiziana Fabi/AFP/Getty Images, Tiziana Del Principe, Fausto Di Nella]

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Lu Pajare (il pagliaio), architettura rurale contadina

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Pagliaio

Pagliaio
Di Berardino Abbonizio

Ritrovarsi a parlare con nonno Carmine e zio Giovanni davanti al “pagliaio” costruito insieme è davvero emozionante: senza il loro sapere e la loro competenza sarebbe stato impossibile “dare forma e sostanza” a questa antica struttura composta di canne che un tempo caratterizzava il territorio rurale frentano e altre zone dell’Abruzzo.
PagliaioPagliaio

Oggigiorno è difficile trovarne traccia e non esiste alcun tipo di documentazione sulle tecniche di realizzazione.
Il pagliaio era utilizzato come abitazione, rimessa per i mezzi agricoli come il carro, deposito per scorte alimentari e botti per il vino. A tal proposito nonno Carmine, che ha patito le privazioni della sua epoca a cavallo delle due guerre, mi ha raccontato di quella volta che i tedeschi appiccarono il fuoco al pagliaio di un suo amico e che tutto bruciò, tranne le botti che vi erano custodite poiché impregnate e bagnate di vino.

PagliaioPagliaio
Per realizzare questa autentica “opera d’architettura contadina”, ho chiesto consiglio ai miei preziosi maestri e ho cercato di capire e carpire ogni piccolo dettaglio relativo la sua realizzazione.

PagliaioPagliaioPagliaioLa sua costruzione seguiva precise regole mutuate dall’esperienza e dal sapere antico degli anziani. Fondamentale era l’approvvigionamento del materiale: il periodo più propizio era e rimane quello invernale poiché le piante impiegate sono in fermo vegetativo, mentre il taglio delle canne avveniva generalmente in fase di luna calante in quanto il flusso nei vasi linfatici della pianta è tale da garantire una maggiore resistenza delle fibre.
PagliaioPagliaioAnche la scelta del materiale aveva una logica: per la struttura portante si usavano tronchi di acacia, mentre per l’orditura della copertura si impiegavano tronchi di Ailanto.
Prima dell’allestimento tutti i pali venivano privati della corteccia per far asciugare il legno, scongiurando la formazione di muffe e l’insediamento di insetti che avrebbero potuto comprometterlo, farlo marcire e quindi ridurne la tenuta nel tempo.
PagliaioCompletata la struttura portante si passava all’orditura delle canne per dar vita alla parte secondaria, sia sulle pareti verticali che sulle falde inclinate del tetto.
PagliaioLa canna comune (Arundo donax) resta sicuramente il più affascinante tra i materiali utilizzati per la costruzione dei pagliai.
E’ facilmente reperibile sul territorio e molto versatile: i contadini da sempre la utilizzano per le recinzioni, per delimitare le concimaie e realizzare semenzai a letto caldo.

Le canne sono indispensabili anche nella realizzazione di manufatti di artigianato rurale come cesti e canestri, e per ottenere, con una particolare tecnica di intreccio, i contenitori per le granaglie o graticci per far appassire i fichi (li Carracini).
PagliaioPagliaioPagliaioPer concludere, nel pagliaio l’intreccio obliquo delle canne costituiva il supporto per il rivestimento esterno. In questa fase si potevano utilizzare sia la cannuccia di fiume, che lo stelo di grano spelt (farro maggiore).
PagliaioPagliaioUn adeguato spessore, ottenuto con vari strati di questi ultimi materiali, rendeva totalmente impermeabile l’interno del pagliaio.
PagliaioLa riscoperta e realizzazione del pagliaio ha ispirato qualche anno fa anche una serie di workshop sulla bioarchitettura rurale, un progetto svolto in collaborazione con il MusAA (Museo – architettura – arte) di Lanciano con l’obiettivo di riportare in auge l’ingegno e la bellezza di queste antiche strutture rurali ormai scomparse.

[Crediti | Immagini di Berardino Abbonizio]

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“Ciak, si gira”: il Sangro Aventino, set cinematografico a cielo aperto

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Tale of Tales

Tale of Tales

Di Claudia Falcone

L’Abruzzo è contraddistinto da spaccati paesaggistici mozzafiato, unici e capaci di sorprendere qualsiasi osservatore. Una tale ricchezza non è sfuggita al mondo del cinema, da sempre affezionato alla nostra regione.

Nonostante l’assenza di una Film Commission collaudata, sono state molte le produzioni cinematografiche che nel corso degli anni hanno scelto gli scenari abruzzesi per ambientare pellicole divenute note al grande pubblico.

Il Nome della Rosa
Negli anni Ottanta il “protagonista” indiscusso è stato il territorio aquilano. Si pensi a Rocca Calascio immortalata da capolavori internazionali del calibro di Ladyhawke di Richard Donner (1985) o Il Nome della Rosa di Jean- Jacques Annaud (1986), per non parlare del suggestivo scenario di Campo Imperatore, set prediletto per innumerevoli film.

Il Sangro Aventino, caratterizzato dai incantevoli borghi scolpiti nel tempo, dalla suggestiva e monumentale Maiella e dalla vicina costa dei trabocchi, è “entrato in scena” negli ultimi 15 anni.

Gli anni 2000 hanno saputo regalare lustro a questo incantevole lembo di terra catturato dalla macchina da presa in tutte le sue declinazioni.

Una notte da paura
A cominciare da Lanciano inserita nel 2004 tra le location del film Le Bande, pellicola drammatica presentata al Festival del Cinema di Venezia e ambientata in Puglia con diverse scene girate nella città frentana, tornata sul grande schermo insieme ad Ortona nel 2011 quando ha fatto da sfondo alla commedia horror Una notte da paura diretta da Claudio Fragasso e interpretata da volti noti come Francesco Pannofino, Naike Rivelli e Leonardo Manera.

Lost in Italy
Il 2012 ha reso protagonista, invece, il piccolo borgo di Palombaro: il paese, per l’occasione, è stato riportato agli anni ’50 per la realizzazione di Lost in Italy: “Tony è in un bar di Londra dove viene accoltellato. Al suo risveglio si ritrova nell’Italia degli anni ’50 e non sa cosa gli sia accaduto.”

Ambo
Anche la costa dei trabocchi non è stata certo da meno: nel 2014 il film Ambo ha permesso a tutta l’Italia di scoprire questo incredibile tratto di costa contraddistinto dai trabocchi, antiche macchine da pesca.

La commedia sentimentale diretta da Pierluigi Di Lallo con protagonisti Serena Autieri e Adriano Giannini è stata ambientata tra Atessa, Fossacesia, San Vito Chietino e Rocca San Giovanni.

Roccascalegna - Tale of talesTale of TalesTale of Tales
Impossibile, infine, non citare il film che negli ultimi anni ha contribuito a rilanciare il paesaggio abruzzese in tutto il mondo: “ll racconto dei racconti – Tale of Tales” di Matteo Garrone, pellicola presentata al Festival del Cinema di Cannes nel 2015 con un considerevole cast internazionale e attori del calibro di Salma Hayek e Vincent Cassel.

Castello di Roccascalegna
Il film è composto da tre diversi episodi di cui uno ambientato a Roccascalegna, borgo contraddistinto dal celebre Castello.
La rocca, incastonata tra le montagne, ben si presta alle ambientazioni fantasy ed è stata utilizzata anche per le immagini promozionali del film.

Ma non è stata la prima volta per il Castello di Roccascalegna portato già sul grande schermo nel 1993 con il film Sottovocedi Claudio Pazienza: trasposizione della leggenda (legata allo ”Jus Primae Noctis) del Barone Corvo de Corvis che da sempre aleggia su questi torrioni.

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Monte Pallano, l’esperienza di un luogo

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Monte Pallano

Monte Pallano
Di Annalisa Giuliani

Tornareccio è un borgo dall’architettura antica.
Non è un luogo di passaggio per chi è diretto al Monte Pallano ma una sosta necessaria.
Sui muri infinite tessere si incastrano a formare mosaici, a raccontare storie, un intreccio di colori in cui perdersi.

Il viaggio prosegue, i passi si fanno muti, taciti nel muschio cedevole. Solo la voce del vento che intreccia un dialogo con gli alberi. L’argenteo Faggio, la sinuosa Roverella, il Carpino nero dal portamento dritto, l’Acero campestre dalla esuberante chioma. Gli occhi si riempiono di colori. Un giglio rosso domina il fitto sottobosco di cespugli di rosa canina e biancospino.

Davanti si innalza la faggeta, un imponente bosco dall’architettura ordinata e perfetta. Alberi alti come colonne, chiome eleganti che lasciano appena penetrare il cielo.
Uno stridio pungente fa alzare lo sguardo, è il canto di una Poiana, una sentinella a baluardo di questo mondo incantato.
D’improvviso la sensazione di essere osservati. Di fronte un capriolo. Non è impaurito appare sorpreso. Un secondo, un minuto, il tempo di un saluto. Si gira e si allontana saltellando.

Monte Pallano
Seguendo il sentiero d’erba appare il Lago Nero, il lago che non c’è. L’acqua non abita più qui, ha ceduto il posto al verde e alle sue infinite cromature. Non ci sono barche ormeggiate, per attraversare il lago bastano i piedi, bastano gli occhi.
Dove sono finite le raganelle, le salamandre i tritoni?
Torneranno con l’acqua, quando tornerà l’inverno.

Impresse nella terra bruna le orme di un lupo, il signore dei boschi è passato di qui. Non hanno niente di spaventoso, non appartengono alla belva cattiva che abita le favole. Sono grandi e rotonde disposte in ordine sul sentiero.
Appartengono ad un essere libero che attraversa il bosco seguendo la traccia portata dal vento.

Non c’è traccia di uomo. Quassù, solo il brulichio di altre specie viventi. Ronzii di insetti, battito di ali, canti di uccelli si intrecciano in una dissonante polifonia.
Un tholos riporta alla memoria il tempo dei pascoli e dei pastori transumanti.

Monte Pallano
In alto si estende l’altopiano che accoglie l’ampio pascolo coperto di ginepri ed elicriso.
Più in là, imponenti si sollevano le Mura Megalitiche: antiche pietre che sfidano il tempo, saldamente incastrate a formare una misteriosa trama tessuta dalla Storia e impreziosita dalla leggenda.
Un’opera difensiva o un recinto dei Paladini di Carlo Magno, o di quei ciclopi che nascosero nelle remote grotte preziosi tesori, da sempre narrati e mai trovati?

Monte Pallano
La cima non è la meta, la fine del viaggio, lì dove il pendio si fa pianura i resti di un abitato antico.
Un luogo dove un tempo pulsava la vita. Strade e case che furono percorse, abitate, mani laboriose operavano nelle botteghe, voci discutevano nel foro, preghiere si innalzavano nel tempio sotto l’auspicio benevolo degli Dei.
Gli occhi osservano queste remote pietre e l’immaginazione completa quello che non c’è, che non ha trovato la strada e che si è smarrito e perduto nel tempo.

Il viaggio si conclude. I bagagli dell’andata leggeri di attese al ritorno sono colmi di bellezza.

[Crediti | Immagini: Sangro Aventino Turismo. Foto di copertina Antonino Antrilli.]

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Il Carnevale in Abruzzo, la ricetta della cicerchiata

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Cicerchiata

Cicerchiata

Il Carnevale in Abruzzo è sinonimo di cicerchiata: croccanti dadini dorati di pasta fritta assemblati con il miele.
La somiglianza con gli struffoli napoletani è notevole, tuttavia vi sono delle differenze nelle dimensioni dei dadini, che per il dolce partenopeo sono più grandi, e nella ricorrenza eletta per la preparazione, che a Napoli coincide con il Natale.

Il nome “cicerchiata” deriverebbe dalla forma che ricorda per certi versi le “cicerchie”, antica varietà di legume diffusa nel Centro Italia e in Abruzzo.
La sua preparazione ha una lunga tradizione in tutta la regione, soprattutto nell’area del Sangro Aventino, territorio storicamente vocato all’apicoltura e quindi al miele.

CicerchiataSolitamente si è soliti dare alla cicerchiata una forma simile a quella di una ciambella, ma è molto diffusa anche la porzione singola a piccolo cumulo, mentre la superficie è decorata con mandorle tostate e tritate o confettini colorati.
Al taglio la cicerchiata è croccante e friabile ed esprime tutta la fragranza del miele.

Ma veniamo alla ricetta.

Ingredienti
Per l’impasto dei dadini:
– 6 uova
– 6 cucchiai di zucchero
– 6 cucchiai di olio extravergine d’oliva
– 500 gr di farina tipo 00 (il quantitativo di farina necessaria dipende dalla consistenza degli ingredienti liquidi, quindi regolatevi di conseguenza)

Per friggere:
– olio di arachidi

Per assemblare i dadini:
– 500 gr di miele
– 2 cucchiai di zucchero

Per decorare:
– mandorle pelate
– codette colorate

Cicerchiata
Su una spianatoia versate a fontana la farina e aggiungete in successione le uova, lo zucchero e l’olio extravergine d’oliva.
Amalgamate per bene il tutto, lavorando energicamente l’impasto, così da ottenere un composto omogeneo che lascerete riposare per almeno mezz’ora.

CicerchiataCicerchiata

Tagliate in piccole dosi la pasta, allungatela formando dei cordoni e realizzate dei dadini dallo spessore di circa un centimetro, tuffateli in abbondante olio bollente e fate friggere fino a quando non saranno dorati; quindi scolate e lasciate asciugare sulla carta assorbente.

CicerchiataCicerchiataA questo punto fate sciogliere e caramellare, in una capiente pentola, il miele insieme allo zucchero e dopo qualche minuto, quando sarà ben fluido, aggiungete i dadini e le mandorle.
CicerchiataCicerchiataMescolate facendo amalgamare e legare il composto, versatelo su un piatto da portata o un vassoio e, con le mani bagnate, modellate il tutto dando forma alla vostra cicerchiata.

Cicerchiata
Decorate a piacimento con le codette colorate, lasciate raffreddare e assaggiate!

[Crediti|Immagini: Carmelita Cianci. Foto di copertina Sangro Aventino Turismo]

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Il sapore “agrumato” lungo la Vianova delle arance

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Il cetrangolo

Arance

Il tratto di mare che da Ortona scende verso Fossacesia non è fatto di soli trabocchi, incredibili “macchine da pesca” che signoreggiano spavalde sulla costa, ma anche di agrumi.
La scoperta la faccio percorrendo la Nazionale Adriatica per raggiungere Vallevò, una piccola contrada di Rocca San Giovanni.
Lungo la strada, in un’ assolata giornata di fine inverno, l’azzurro del mare sembra quasi mescolarsi con le vivaci sfumature degli aranceti, distese di agrumi che timidamente contemplano e sono parte di un panorama che emoziona.

Il trabocco Punta Tufano di Rinaldo Verì

Il trabocco Punta Tufano di Rinaldo Verì

E’ in questo scenario che incontro Rinaldo Verì, noto traboccante della zona e presidente dell’Associazione “Agrumi Costa dei Trabocchi”. Rinaldo mi spiega che da queste parti le arance sono arrivate nella seconda metà del ‘600, probabilmente sono le discendenti di quelle cinesi importate in Europa dai portoghesi nello stesso periodo; infatti, nel dialetto locale sono chiamate ancora “portuhalle”. Fino a questo punto il racconto non fa una piega, ma dal Portogallo come ci sono finite le arance in Abruzzo?
Secondo alcuni studiosi la loro comparsa coincide con quella dei trabocchi. Si pensa, infatti, che siano stati gli stessi costruttori delle suggestive “palafitte” incastrate nel mare a importare e coltivare l’arancio nel territorio. La storia ci dice si tratti dei profughi sefarditi (ebrei di origine iberica) che colonizzarono questi luoghi rimasti abbandonati subito dopo il terribile terremoto del 1627.

Il cetrangolo

Il cetrangolo

Oltre alla classica arancia dolce, è presente anche quella amara, denominata “cetrangolo” che si distingue per i rami ricoperti da grosse spine, per il picciolo alato e per l’intenso profumo che sprigiona dalle foglie, dai fiori e dai carnosi frutti ricchi di semi. Gli altri agrumi che si sono “insediati”, a partire dal secolo scorso, sono il limone, il mandarino e il pompelmo.

Una pianta di cetrangolo

Una pianta di cetrangolo

Rinaldo mi dice che in passato il commercio delle arance aveva un certo peso nell’economia locale. Gli agrumi erano soprattutto esportati e finivano persino sulle tavole internazionali oltre che su quelle italiane. Sul territorio il commercio era focalizzato verso i principali mercati della zona, come quello di Lanciano. Poi con la costruzione della strada Nazionale Adriatica nel secondo dopoguerra, ogni famiglia ha cominciato ad allestire la sua piccola e variopinta bancarella e a vendere agrumi, prodotti derivati come le confetture, ma anche i frutti della piccola pesca locale fatta sui trabocchi. Così spazio anche a pesce e molluschi, fino ad arrivare ai souvenir, come il vasellame di creta decorato di conchiglie.
Secondo Rinaldo, il ruolo della strada non è stato soltanto quello di far sviluppare il commercio locale, ma anche un utile e proficuo interscambio “culturale” che ha permesso agli abitanti del posto di imparare l’italiano. Prima di allora si esprimevano soltanto in dialetto.

Bancarelle locali

Oggigiorno, rispetto al passato, la produzione delle arance è scesa sensibilmente e anche quel caratteristico mercatino locale che si snodava lungo la Nazionale è andato scomparendo, ormai solo qualche famiglia continua l’attività. Così una decina di anni fa Rinaldo, insieme ad altri membri dell’Associazione “Agrumi Costa dei Trabocchi” (nata per valorizzare gli agrumeti diffusi nel tratto di costa tra Ortona e Fossacesia), ha dato vita a “La vianova delle arance”, caratteristico mercatino di agrumi locali sulla scia di quella lontana economia tradizionale. “Vianova” è un termine dialettale, e in italiano sta per “strada”, infatti, l’evento si tiene proprio lungo la Statale Adriatica, all’altezza di Vallevò a Rocca San Giovanni.

Quest’anno l’appuntamento è per domenica 19 marzo e oltre alla vendita di agrumi e prodotti derivati come le confetture, ci saranno anche degustazioni e approfondimenti tematici. Non resta che partecipare per ripercorrere la storia, la cultura e i sapori  di quella che un tempo era la “Vianova delle arance”.

La Vianova delle Arance
Vallevò, Rocca San Giovanni
Domenica 19 marzo a partire dalle ore 9.00
In caso di maltempo la manifestazione sarà rinviata a domenica 26 marzo

 

 

[Crediti | Immagini: Carmelita Cianci]

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Prima che sia Vinitaly, due o tre cose sul Montepulciano d’Abruzzo

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Vinitaly 2017

Vinitaly 2017

Anche quest’anno, a partire da domenica 9 aprile, torna l’appuntamento con Vinitaly, il Salone Internazionale del vino e dei distillati. Chi sarà nei paraggi avrà l’occasione di sorseggiare vini provenienti da tutto il mondo.
Anche l’Abruzzo di(vino) avrà il suo spazio al padiglione 12: ad esporre 90 aziende delle oltre 400 abruzzesi che saranno comunque presenti con le proprie etichette all’interno dell’Enoteca regionale nel padiglione Abruzzo.

Montepulciano

Se state decidendo di partire alla volta di Verona, vale la pena spendere due parole sul vino abruzzese e in particolare sul Montepulciano d’Abruzzo, protagonista indiscusso in una regione dove le faccende di vino hanno sempre avuto un certo peso storico e culturale.
I numeri ci raccontano un territorio dominato, in quanto a produzione, dalle grandi cooperative; p
oi negli ultimi quindici anni la svolta in nome della “qualità” che ha visto alla ribalta tanti piccoli e arguti produttori, promotori e ambasciatori oltre confine di un’eccellenza, ma anche e soprattutto di un “terroir”.
I consensi sul mercato nazionale e internazionale non si sono fatti attendere, la scelta di puntare su vitigni autoctoni come Montepulciano e Trebbiano, seguiti da varietà minori come Passerina, Pecorino e Cococciola, è stata vincente.

L’Abruzzo vanta condizioni pedoclimatiche uniche: il territorio è incastrato tra mare e montagna, contraddistinto da forti escursioni termiche che, insieme a una buona ventilazione, garantiscono alla vite il  microclima ideale per uve di notevole qualità. La forma d’allevamento più diffusa resta quella a pergola (oltre l’80% del vigneto regionale), mentre nei nuovi impianti prevale la forma a filare (cordone speronato, cordone libero, gdc).
Numeri alla mano, gli ettari di superficie vitata sono 36 mila e la produzione annua si aggira sui 3,8 milioni di ettolitri.

Montepulciano d'Abruzzo

Il Montepulciano resta il vitigno più diffuso (17 mila ettari), oltre che riferimento della DOC Montepulciano d’Abruzzo (che include anche la varietà Cerasuolo).
Si hanno notizie certe della presenza del Montepulciano in Abruzzo a partire dalla metà del ‘700 (l’origine dell’uva sembra essere comune alle altre tipologie a bacca nera del meridione, tutte derivanti dalla Grecia).
Non ci sono legami di parentela con il Nobile di Montepulciano, vinificato da un’antica selezione clonale del vitigno Sangiovese denominato Prugnolo Gentile.
La confusione sul nome “montepulciano” deriva dalle prime tecniche viticole ed enologiche evolute importate dalla Toscana. Se ne ha testimonianza storica nella Baronia di Carapelle, tenuta de’ Medici in Abruzzo.
In passato il Montepulciano era coltivato soprattutto nella Valle Peligna, in provincia de L’Aquila e nelle colline interne della provincia di Pescara. Il trend cambia dagli anni ‘50 del secolo scorso, quando comincia a diffondersi su tutta la fascia collinare litoranea.

barrique

Il Montepulciano d’Abruzzo DOC è ottenuto da vigneti ubicati nei terreni collinari o di altopiano. L’altitudine non deve superare i 500 metri sul livello del mare, mentre sono eccezionalmente ammessi i 600 metri per quelli esposti a mezzogiorno.
Si tratta di un vitigno vigoroso e mediamente tardivo (la maturazione si colloca tra la prima e la seconda decade di ottobre), adattabile a vari sistemi di coltivazione.

Montepulciano

Il Montepulciano d’Abruzzo DOC è ottenuto quasi esclusivamente dalle uve del vitigno omonimo con l’eventuale piccola aggiunta (massimo 15%) di altre uve provenienti da vitigni a bacca rossa presenti sul territorio abruzzese.
Spostandoci nel teramano saremo al cospetto del Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane DOCG (denominazione di origine controllata e garantita) denominazione che presenta regole più restrittive rispetto alla DOC: il territorio interessato è limitato alle zone più vocate, la resa per ettaro è di soli 95 quintali, si utilizzano quasi esclusivamente uve Montepulciano (con Sangiovese massimo 10%), la maturazione in botti di rovere deve essere di almeno due anni, che diventano tre per la versione “Riserva”.

Il Montepulciano è un vino che evidenzia una certa duttilità:  lo si può apprezzare già a 8-10 mesi dalla vendemmia, ma riesce ad assumere una notevole e importante complessità grazie alla sua invidiabile attitudine all’invecchiamento. Conserva intatta l’intensità del colore, che va dal rubino al granato, i profumi che ricordano la marasca e i piccoli frutti neri, accompagnati da note leggere di spezie. Risulterà lievemente tannico se bevuto giovane, invece avvolgente, vellutato con un finale che richiama la liquirizia e il cioccolato se invecchiato.

  

[Crediti: Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, trignosinelloturismo.it | Immagini: Carmelita Cianci, Svinando, foto di copertina Vinitaly]

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La Pasqua in Abruzzo: il Sangro Aventino tra natura, cultura, gusto e tradizione

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Pasqua in Abruzzo

Pasqua in Abruzzo

Piccoli borghi medievali adagiati su dolci colline, città d’arte ricche di storia e cultura, paesaggi primitivi e incontaminati che dalla montagna raggiungono il mare in una manciata di chilometri, e poi i trabocchi, quei “ragni colossali” protesi a scrutare l’orizzonte.
Sono tante le attrattive della Pasqua in Abruzzo e nel Sangro Aventino, scopriamole insieme.

Castello di Ortona

In giro per borghi e castelli
L’Abruzzo ha una tradizione importante legata ai castelli medievali, e anche se nel corso dei secoli buona parte dei “Forti” è andata persa, oggi se ne contano in tutta la regione 176 (inclusi ruderi), di cui una trentina nella provincia di Chieti.
Se siete amanti del genere, gli imperdibili nel Sangro Aventino sono:
Il Castello Aragonese di Ortona. Costruito nel XV secolo a strapiombo sul mare, nel corso dei secoli è stato sottoposto a diversi lavori di ristrutturazione.
Durante l’ultimo conflitto mondiale il castello ha subito considerevoli danni dovuti ai bombardamenti e, nel 1946, a causa di una frana, ha perso buona parte delle mura di nord-ovest. Delle quattro torri originarie, oggi ne restano solo tre. Per info: tel. 085 906 3764.
Il Castello di Roccascalegna. Legato alla leggenda dello ”Jus Primae Noctis” (tradizione medievale ripristinata nel 1646 dal Barone Corvo De Corvis) risale all’XI–XII secolo, ed è il risultato della riconversione di un’antica torre longobarda. Il Castello è diventato noto al grande pubblico perché scelto da Matteo Garrone per girare alcune scene de “Il racconto dei racconti – Tale of tales“, film in concorso al Festival di Cannes nel 2015. Per info: tel. 335 876 7589.
Il Castello ducale di Casoli. Si erge nella parte più alta del borgo e il “forte” attuale risalirebbe al XV secolo. In una delle sue stanze, durante l’ultimo conflitto mondiale, si mise a punto la strategia del gruppo partigiano della Brigata Majella, che contribuì alla liberazione dell’Italia dall’occupazione tedesca. Il nome del castello è legato anche a quello di Gabriele D’Annunzio, assiduo frequentatore di quelle stanze, dove amava appuntare sul muro emozioni e pensieri. Ancora oggi quelle scritte sono visibili sulle pareti di una stanza del castello. Per info: tel. 0872 99281.

Costa dei Trabocchi

La costa dei trabocchi
Un primo assaggio di mare a Pasqua per godere appieno di quel tratto di costa, tra Torino di Sangro e Ortona, caratterizzato da paesaggi lambiti da un’acqua limpida e cristallina: un susseguirsi di spiagge ciottolose, sabbiose, calette nascoste, baie, scogliere e promontori a picco sul mare, in una sequenza panoramica contraddistinta dalle fascinose sagome dei trabocchi, quelle antiche macchine da pesca oggi riconvertite a ristoranti sospesi sul mare.
Per una guida esaustiva alle spiagge rimandiamo alla nostra guida.
Per una guida esaustiva ai risto-trabocchi rimandiamo alla nostra guida.

Processione Incappucciati Lanciano
Lanciano, la Processione degli Incappucciati    

Ogni anno, nella sera del Giovedì Santo, dalla Chiesa di Santa Chiara, i confratelli (Arciconfraternita “Morte e Orazione” di San Filippo Neri) percorrono in silenzio le vie del centro rivivendo i momenti della penitenza nella notte del tradimento di Cristo. Indossano le tuniche della confraternita, e hanno il capo coperto da un semplice cappuccio nero, per questo motivo la processione è chiamata “degli Incappucciati”. Nel gruppo c’è anche l’ignoto Cireneo che in segno penitenza percorre l’intero tragitto scalzo, portando sulle spalle una pesante croce di legno. La celebrazione è accompagnata dal rumore stridulo della “raganella”, un antico strumento di legno, usato per far scorrere il corteo, e dalle note del “Miserere”.

Grotte del Cavallone
Le Grotte del Cavallone

Nella giornata di Pasquetta, le Grotte del Cavallone saranno eccezionalmente aperte (dalle 9 alle 16) ed è prevista una replica per il 23-24-25 Aprile.
Siamo sul versante orientale della Maiella, nelle immediate vicinanze dei borghi di Taranta Peligna (rinomato per le coperte) e Lama dei Peligni (paese celebre per la sfogliatella e il camoscio), al cospetto della grotta naturale più alta d’Europa aperta al pubblico, conosciuta anche con l’appellativo “della figlia di Iorio” (nel 1904 Francesco Paolo Michetti, per il secondo atto della tragedia pastorale “La figlia di Iorio” di Gabriele d’Annunzio, realizzò la scenografia ispirandosi all’antro d’ingresso della Grotta).
Per info: tel. 0872910203.

Pupe e cavalli
Il gusto della Pasqua in Abruzzo

Nella cucina di Pasqua trova ampio spazio l’agnello declinato in un’infinità di preparazioni, ma celebrato per l’occasione soprattutto con il cacio e uova, piatto che affonda la sua storia nella tradizione pastorale dell’entroterra abruzzese.
Tra i must del periodo anche il fiadone contemplato sia nella versione dolce (pasta semi-frolla farcita con formaggio fresco o ricotta e uova) che salata (una sorta di torta rustica farcita con caciotta frentana semistagionata e uova).
E per concludere spazio alle pupe e ai cavalli, dolce dalle tante varianti, realizzato con un impasto morbido e compatto contraddistinto dalla presenza di mandorle e cacao.
Per avere un assaggio della cucina autentica del territorio: Agriturismo Caniloro (Lanciano), Agriturismo Travaglini (Casoli), Agriturismo Il Vecchio Moro (Torricella Peligna).

Orso Palena
L’Area Faunistica dell’Orso, Palena

Imperdibile, soprattutto per i più piccoli, un saluto a Caterina, Iris e Margherita, esemplari di orso bruno (Ursus arctos), da poco uscite dal lungo letargo invernale, che vivono nell’Area Faunistica in località Colle Veduta su una superficie di 10.770 mq: un’ampia area verde fatta di boschi di abete, cespugli, alberi da frutto e aree di pascolo. Siamo poco distanti dal borgo di Palena, dove un’altra tappa imprescindibile è quella al Museo dell’Orso Marsicano, ospitato all’interno del vecchio convento si Sant’Antonio.
Per info: Luigia Di Sciullo Tel. 3398629165.

Arrosticini
Il picnic di Pasquetta

Non c’è Pasquetta che si rispetti senza picnic e soprattutto, in Abruzzo, una succulenta  grigliata di arrosticini.
Diverse le aree attrezzate per la scampagnata ideale all’aria aperta.
Le Acquevive, Taranta Peligna
Siamo a pochissimi chilometri dalla sorgente del fiume Aventino, sul versante orientale della Maiella, dove l’acqua sorgiva scaturisce direttamente dalla terra dando vita ad uno spettacolo unico.
Per info: tel.3389077943.
Monte Pallano, Tornareccio
All’interno del Parco Archeologico Naturalistico del Monte Pallano, importante sito archeologico di epoca italico-sabellica risalente ai secoli IV-V è presente un’area attrezzata per il picnic e il barbecue e presso il vicino centro visita si possono richiedere i tavoli. Per info: tel. 3341541988 – 3286683066.
Sorgenti del Verde, Fara San Martino
Situate nel cuore della Maiella orientale, le sorgenti del Fiume Verde, in località San Pietro, offrono uno scenario di grande suggestione. Nell’area sono presenti due spazi attrezzati per il picnic con panche, tavoli e barbecue: quello nelle immediate vicinanze delle sorgenti (a pagamento con la possibilità di riservare un tavolo) e quello nei pressi della cascate (fruibile gratuitamente). Per info: tel. 3281916852.

rafting

Rafting sull’Aventino
Per chi ha voglia di sperimentare un’escursione in gommone e tutta una serie di attività legate al fiume (adatte anche ai più piccoli), in uno scenario naturalistico unico (siamo ai margini del Parco Nazionale della Majella), Abruzzo Rafting, il centro in Contrada Forconi a Civitella Messer  Raimondo, inaugura la stagione 2017 proprio il giorno di Pasquetta. Per info: tel. 327 281 9191.

Cimitero Inglese Torino di Sangro
La Lecceta di Torino di Sangro e il Cimitero Inglese

Siamo poco distanti dal mare, nella rigogliosa vegetazione della Lecceta, Riserva Naturale Regionale che si estende per 180 ettari a sud della foce del fiume Sangro, in un ambiente dominato da fitti strati arbustivi e verdeggianti tappeti di edera. Con un po’ di fortuna si può anche avvistare la timida testuggine che abita questi luoghi. All’interno della Riserva sono presenti due sentieri da percorrere a piedi o in mountain bike, uno di questi, il “Percorso del Cimitero Britannico” permette di raggiungere il Cimitero Inglese, dove riposano 2617 militari provenienti da territori del Commonwealth britannico caduti nella seconda guerra mondiale nella battaglia per lo sfondamento della linea Gustav sul fiume Sangro, nel novembre-dicembre del 1943. Per info: Cooperativa Terracoste, tel. 3397384228 – 3337971892.

Grotta Sant'Angelo Palombaro
(Soft) Trekking all’Eremo di Grotta Sant’Angelo, Palombaro

Grotta Sant’Angelo, siamo a quasi 800 metri di quota, è un luogo di culto d’origine medievale ai margini del borgo di Palombaro, alle pendici della Maiella. Al suo interno si possono ammirare i resti di un’antica Chiesa, in passato luogo di culto di San Michele Arcangelo.
Il sentiero escursionistico (ad anello e adatto anche alle famiglie) si snoda all’interno di una fitta faggeta, in un ambiente scosceso e roccioso, e il sentiero alterna dei tratti ripidi a tratti con gradini in pietra.
Partendo dall’area picnic “Sterparo” si incontra un pendio ripido dal quale raggiungere alcuni punti panoramici. Raggiunta l’area picnic della Grotta Sant’Angelo, si prende a sinistra fino all’incrocio del bivio segnalato che porta all’eremo. Il ritorno si percorre a ritroso fino al bivio per lo Sterparo dove si continua a mezza costa e si segue il sentiero G3. Per info: La Porta del Sole, tel. 0872980970 – 3392615405.

[Crediti | Immagini: Chris D’Arcangelo, Valerio Politi, Giancarlo Bomba, Carmelita Cianci, Nando Napoleone, Abruzzo Rafting, Paolo Anchini, Parco Majella]

 

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Andar per borghi, Atessa

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Atessa

Atessa
Di Mariangela Celiberti

Adagiata su una collina, osserva silenziosa il mare, le vallate e i monti che la circondano. Atessa sorge tra i fiumi Sangro e Osento e ha origine da una leggenda: quella che racconta di come Ate e Tixa, i due villaggi separati da una palude abitata da un pericoloso drago, abbiano potuto unirsi e dare vita alla cittadina grazie all’intervento di San Leucio, che ne è diventato anche patrono. L’allora vescovo di Brindisi -probabilmente vissuto tra il IV e il V secolo, non si hanno notizie certe in merito – riuscì a uccidere il feroce mostro, che mieteva vittime innocenti, portando a testimonianza dell’impresa una sua costola.
Chiesa San Leucio La cattedrale, eretta in suo onore proprio nel luogo in cui si trovava il drago, la custodisce tuttora ed è il simbolo della nascita di Atessa. Una prima chiesa intitolata al santo risale all’874; venne nel corso dei secoli restaurata e ampliata, e oggi presenta diversi stili architettonici che vanno dal gotico al barocco. L’interno conserva inoltre le opere dell’incisore e scultore Nicola da Guardiagrele.
costola del dragoChiesa San Leucio
Passeggiando tra le “ruelle” e i vicoli di Atessa, si scopre un piccolo gioiello di storia e memoria.
Le porte della sua antica cinta muraria – tra cui la Porta di Santa Margherita, risalente al XIII secolo; la Porta di San Michele, risalente al XIV secolo; la Porta di San Giuseppe oltre al più famoso Arco ‘Ndriano o Porta San Nicola- sono visibili ancora oggi.

Arco NdrianoIl corso Vittorio Emanuele II, che si snoda tra le due piazze principali, Piazza Oberdan e Piazza Garibaldi, è il cuore pulsante della vita cittadina. E anche queste piazze hanno qualcosa da raccontare.

Nella prima è presente una fontana monumentale, opera dello scultore Giò Pomodoro, inaugurata nel 2005. Il luogo scelto per questa perla dell’arte contemporanea non poteva che essere quella che ancora oggi è conosciuta come “piazza della fontana” o “della verdura”, perché anticamente ospitava proprio una fontana, poi rimossa, intorno alla quale si svolgeva il mercato ortofrutticolo del paese.

Piazza Oberdan
Piazza Garibaldi, conosciuta anche come “piazza di San Rocco” dalla chiesa che la sovrasta, è stata recentemente restaurata; i lavori hanno interessato anche la villa comunale, il parco che vi si affacciava. Ora parte della villa è diventata uno splendido Auditorium in cui vengono organizzati eventi di diverso tipo e che, assieme al Teatro Comunale Antonio Di Jorio, è il centro della vita culturale.

Teatro
Corso Vittorio Emanuele II ospita inoltre il Museo Aligi Sassu presso Palazzo Ferri, che custodisce 210 opere del grande pittore e scultore, donate alla comunità dai familiari. Una parte di questo Polo Museale, rappresentato proprio dalla struttura residenziale del XIX secolo di una delle famiglie più conosciute del territorio, racchiude la collezione di opere di scultori e pittori contemporanei donate da un cittadino atessano, Valter Storto.
Museo SassuL’arte ad Atessa è di casa: presso la biblioteca comunale, sempre situata su Corso Vittorio Emanuele, è conservata la collezione di libri d’arte donata sempre dalla famiglia Storto. Inoltre la mostra permanente “I colori dell’Acqua”, omaggio di diversi artisti contemporanei a Giò Pomodoro e realizzati in occasione dell’inaugurazione della fontana, è allestita nella chiesa di San Pietro, nel cuore della parte storica.

Atessa
Atessa ha ampi confini, contrade e frazioni, anime diverse tra loro. C’è Vallaspra, un’oasi di pace e verde sulla strada provinciale per Tornareccio, che ospita un bellissimo convento risalente al XV secolo con la piccola chiesa dedicata a San Pasquale. Ci sono Monte Marcone, Piazzano e San Luca, con le loro numerose attività commerciali. E poi c’è la Val Di Sangro, famosa zona industriale, sede delle aziende Sevel e Honda che l’hanno resa la “città dei motori”.

Convento di San Pasquale
Cultura, storia, industria ma anche lunghe tradizioni e prodotti tipici. Il soprannome degli abitanti di Atessa, “li squacciafichere”, veniva un tempo utilizzato per indicare in tono dispregiativo l’attività a cui erano dediti, quella della raccolta dei fichi. Oggi invece è divenuto motivo di orgoglio: il fico secco reale di Atessa è stato riscoperto e valorizzato, fino a diventare Presidio Slow Food e ad avere una festa in suo onore ogni anno ad agosto; inoltre fa parte dei “dieci sapori da salvare” della Scuola del Gusto Abruzzo.
Tra le altre eccellenze del territorio anche le percoche di Piazzano, pesche gialle a polpa dura ideali per la frutta sciroppata.

fico-secco-reale-atessa
Ispirati proprio a Vallaspra e alla chiesa di San Pasquale, solo ad Atessa è poi possibile gustare (e acquistare) i due liquori omonimi a base di erbe. L’azienda produttrice del Vallaspra, La Ditta Piretti, è inoltre famosa per i suoi torroni artigianali e vanta ben 200 anni di storia, iniziata da una caffetteria nel centro del paese.

Amata da chi la vive, rimpianta da chi ha dovuto abbandonarla: Atessa ha valori unici, che rimangono immutati nel tempo, e vengono tramandati di generazione in generazione.

 

[Crediti | Immagini: Nino Pizzi, Sangro Aventino Turismo, Google Image]

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